Berlino, il muro
e la democrazia

Il 9 novembre di trent’anni fa un moto impetuoso scosse la Germania, l’Europa, il mondo intero. Cadeva il Muro di Berlino, la cui costruzione, con blocchi di cemento alti 3,6 metri per oltre 150 chilometri, fu iniziata tra il 12 e il 13 agosto 1961, circondando Berlino Ovest e ingabbiando i suoi cittadini. Con la caduta del Muro, che come sappiamo divideva l’Europa tra le zone d’influenza statunitense e quelle sotto il controllo sovietico, la Repubblica democratica tedesca, costruita per volontà di tutti i vincitori della Seconda guerra mondiale, cedette di colpo. Collassò come nessuno aveva potuto prevedere, dissolvendosi nel volgere di pochi giorni.

Di quella nazione - priva d’identità e di storia, nella quale nessuno dei suoi abitanti si riconosceva - restavano gli orrori, non completamente conosciuti dal cosiddetto «mondo libero», perpetrati dalla più disumana polizia moderna, la Stasi. Finalmente un’epoca di dolore, violenza e divisione era finita e una popolazione divisa da ventotto anni poteva riunificarsi. Le immagini dell’abbattimento del Muro, che testimoniavano l’incontenibile gioia commossa del popolo tedesco, fecero il giro del mondo e in pochi giorni uno spirito di riunificazione e un senso di libertà si diffusero in tutta Europa. Da Praga alla Cecoslovacchia, ma non solo, presero piede manifestazioni pacifiche per rivendicare libertà e diritti politici e civili. Per varie settimane piccole parti del Muro furono demolite e portate via dalla folla e da cercatori di souvenir di sicuro, crescente valore storico. Ancora oggi c’è un gran commercio di piccoli frammenti, molti dei quali falsi.

Quanto accadde quel 9 novembre aprì la strada alla riunificazione delle due Germanie, che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990. Il 20 giugno 1991 Berlino tornò ad essere la capitale della Germania e sede unica del Parlamento del governo federale. Quel fondamentale passaggio della nostra storia occidentale diede nuovo vigore anche al progetto di unificazione europea, che fece un determinante passo avanti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, grazie al quale vennero fissati i parametri per approdare alla moneta unica europea, l’euro.

Ebbene, con l’andare degli anni l’Unione europea, per quanto possa apparire paradossale, sembra avere introiettato antichi rancori e incomprensioni. Nel suo ambito gruppi di nazioni, dimentichi del passato, ricostruiscono «muri» metaforici aizzando legittime paure e malcontenti popolari e guardano a soluzioni diverse per rinnovare la struttura politica continentale. Nascono pericolose e pericolanti istanze «sovraniste» che trovano ampio sostegno anche nel nostro Paese e guardano come principale punto di riferimento al sociologo e leader ungherese Viktor Orban. È davvero strano come costui, con un dottorato ad Oxford generosamente offerto dalla Fondazione Soros, sia diventato un ispirato autocrate, teorico della democrazia illiberale. Sembra quasi che di quelle tragedie e di quell’insperato atto di liberazione del 1989 molti non vogliano più sentir parlare.

Come non condividere, allora, la grande festa che il governo tedesco ha programmato per celebrare e dare risalto a questa ricorrenza. Berlino diventerà una vera e propria mostra a cielo aperto con installazioni artistiche, conferenze e concerti organizzati in vari punti della città, con il coinvolgimento di grandi artisti, architetti, fotografi, designer, musicisti. Verrà allestita una suggestiva mostra all’aria aperta - «1961-1989 The Berlin Wall» - arricchita da documenti biografici, supporti audiovisivi e numerosi cimeli di quei trent’anni che faranno soprattutto rivivere quanto avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1989. Risveglierà le coscienze dei tanti Capi di Stato e politici che interverranno. A molti giovani, che quella storia non l’hanno vissuta, farà assai bene percepire essi stessi l’euforia e il senso di libera fraternità che si sprigionò da una folla impazzita di felicità con fiaccole e luci strette nelle mani tremanti ad illuminare, finalmente tutti insieme, il cielo sopra Berlino. In poche ore era avvenuto il «miracolo» che nessuno aveva mai immaginato si potesse compiere. La frontiera più triste e maledetta della storia non esisteva più.

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