Burocrazia competente, un segnale importante

Attualità. Dopo varie esperienze di rilievo nella Pubblica amministrazione ed essere stato da ultimo ministro per il Commercio estero, Guido Carli assunse l’incarico di direttore della Banca d’Italia nell’ottobre del 1959 e quello di Governatore dall’agosto 1960 al luglio 1975.

Sin dai primi colloqui con impiegati e dirigenti di Bankitalia, si rese conto della loro affidabilità sul piano della lealtà ed onestà, ma nello stesso tempo ricavò l’impressione di un livello professionale molto limitato che, in ogni caso, non fosse in grado di assicurare adeguato sostegno all’attività che si proponeva di svolgere. Chiese al responsabile del Personale quale sistema fosse utilizzato per le assunzioni e gli fu risposto che si procedeva direttamente per chiamata, privilegiando le domande provenienti dalle varie province che contenessero le «referenze» dei vescovi e dei prefetti come garanzia di moralità e serietà dei candidati. Pur ritenendo questi requisiti di non trascurabile importanza, ritenne che fosse necessario accrescere i livelli culturali e professionali per dare maggiore incisività all’attività della Banca sul piano nazionale e internazionale. Decise, così, di bandire ogni anno un concorso pubblico che prevedeva una prima selezione per titoli, molto severa, a cui seguiva una selezione ancora più severa attraverso un esame orale su materie economiche e giuridiche, condotto da una commissione formata da professori di diritto ed economia di chiara fama.

Coloro che superavano quest’ultima prova venivano convocati a Roma per due mesi di formazione sui compiti della Banca, con l’intervento anche dei vertici dell’Istituto. Superato positivamente questo intenso impegno, ai candidati venivano assicurate condizioni assai vantaggiose perché erano assunti direttamente nella carriera direttiva, con un trattamento economico di assoluto rilievo. Con l’ingresso di 60 elementi ogni anno, su circa 10mila domande, la Banca iniziò a dotarsi di professionisti di alto profilo che, negli anni successivi, furono in grado di raggiungere i vertici dell’istituto e ricoprire anche importantissimi incarichi pubblici, come è avvenuto per Ciampi, Padoa-Schioppa, Saccomanni, Franco e molti altri. Con la sua lungimiranza, Guido Carli dimostrò come fosse possibile passare da una burocrazia autoreferenziale a una burocrazia aperta, competente, attiva e disponibile a servire utilmente il Paese.

Oggi, è di grande conforto apprendere che un’esperienza analoga stia prendendo corpo nella pubblica amministrazione. Dopo l’istituzione della Scuola nazionale dell’amministrazione, presieduta da Paola Severino, già ministro della Giustizia nel governo Monti, sono stati assunti con l’ottavo corso-concorso 150 allievi - con una selezione molto severa alla quale hanno partecipato più di 7mila candidati - che dovranno svolgere 10 mesi di formazione partecipando a «tirocini» nelle maggiori imprese e a «tavole rotonde» presiedute da figure di primissimo piano. Tra queste, Elisabetta Belloni, che ha compiti di coordinamento e vigilanza sui Servizi segreti; Marta Cartabia, già presidente della Corte Costituzionale e ministro della Giustizia nel governo Draghi; Fabiola Giannotti, direttrice del Cern; Francesco Starace, amministratore delegato di Enel. Paola Severino ha tenuto a dichiarare: «Con loro avverrà il passaggio fondamentale dalle conoscenze alle competenze, in particolare quelle trasversali necessarie per governare i fondi e i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza». È questo un segnale molto importante di rinnovamento da tempo atteso che, allo stesso tempo, contiene un invito a comprendere quanto sia cruciale per il Paese perseguire l’obiettivo della formazione di una Pubblica amministrazione di eccellenza. È, soprattutto, un potente messaggio rivolto ai giovani, che hanno spesso preferito il mondo dell’economia privata, a cui la Pubblica amministrazione si propone di garantire nuove occasioni di lavoro, in grado di offrire eguali sentimenti di orgoglio e appartenenza.

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