Cabina di regia
governativa

Eravamo tutti fragili equilibristi della vita da settimane. Ora lo sappiamo. Non ci sono più scuse d’ignoranza per alcuno. Lo sanno anche gli sconsiderati che sabato scorso, per l’ultima volta, hanno animato accalcati a centinaia le piste soleggiate di numerose località sciistiche. Lo sapevano benissimo coloro i quali sono fuggiti in fretta e furia dalla Lombardia dopo le imperdonabili fughe di notizie sul decreto governativo diramato ufficialmente dal presidente del Consiglio solo nella notte fra sabato e domenica.

Il coronavirus sta letteralmente stravolgendo le condizioni di vita dei cittadini e sfinendo la resistenza dell’economia commerciale e industriale della nostra provincia. Il sistema sanitario lombardo urla il proprio improcrastinabile bisogno di sostegno nazionale e sovranazionale e, nel mentre, opera giorno e notte con competenze mediche e infermieristiche che commuovono e ci rendono tutti orgogliosi di vivere in luoghi così ricchi di capacità e bellezza umana.

È dal dopoguerra che non si avvertiva così forte e urgente il bisogno di una «cabina di regia» governativa solida e autorevole che ridia ordine e priorità alle urgenze del Paese, riponendo al centro dello sviluppo nazionale il tema delle «competenze» - quelle che oggi stanno salvando la vita a migliaia di degenti colpiti dal virus - e che negli anni sono state drammaticamente mortificate in buona parte dei settori produttivi pubblici, a vantaggio di logiche clientelari gestite da mostruose macchine burocratiche al servizio del potere e degli affari di pochi.

L’aggravamento della crisi che sta interessando direttamente l’economia reale, con un improvviso choc di domanda e di offerta, sta producendo conseguenze pesantissime principalmente nei settori del manifatturiero, del tessile, dei trasporti, del turismo, dell’agricoltura e del Made in Italy. Uno scenario in caduta libera che s’innesta su un tessuto socioeconomico già indebolito e in difficoltà, rendendo assai probabile la prospettiva di una recessione fino al -3/4% del Pil.

Il governo, nell’intento di mitigare gli effetti della crisi per famiglie e imprese, ha previsto interventi per circa 7,5 miliardi di euro in deficit, già autorizzati dalla Commissione europea. In realtà, si prospetterà la necessità d’interventi per decine di miliardi di euro e si vedrà, a questo punto, quale sarà la posizione dell’Europa, visto che anche altri importanti Paesi europei si troveranno ben presto nelle nostre condizioni. Una domanda che non pochi addetti ai lavori si fanno in questi giorni è come si potrà essere in grado di gestire una probabile situazione straordinaria dell’economia se il Paese si trovasse in pesante recessione economica (-3/4% del Pil) e con un deficit superiore sensibilmente al 3% del Pil.

Non a caso, considerando una situazione di questo tipo, Giancarlo Giorgetti, mente pensante della Lega, in una recente intervista televisiva ha ipotizzato la necessità di un governo tecnico, magari presieduto da Mario Draghi. Certamente la sua memoria sarà andata al discorso del «Whatever it takes», pronunciato alla Global Investment Conference del 26 luglio 2012, in cui proprio Draghi si rivolse a tutti per dire: «La Bce è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza». Questo discorso, che segnò la sconfitta delle posizioni di austerità di Germania e Francia, creò una svolta nella strategia della Bce. Ed è proprio di una svolta di questo tipo che necessita oggi il nostro Paese.

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