Carburanti, costo super: il conflitto d’interessi

IL COMMENTO. Di questo passo la benzina costerà come il Barbera se non come il Barolo: quella in autostrada al self service si aggira sui due euro al litro (il gasolio 1,9). C’è poi il caso limite della «super» venduta a 2,7 euro al litro a un distributore sull’A8 Varese-Milano, ma è un episodio isolato, fortunatamente, anche se simbolico dell’aria che tira.

Assoutenti infatti ha chiesto alla Guardia di finanza di intervenire: per un pieno ad auto di grossa cilindrata significherebbe spendere anche più di 100 euro, un prezzo maggiorato del 35%. Il prezzo del carburante non si ferma in questa calda estate dei rincari. Gli aumenti vanno avanti da 16 giorni. Quando finirà la corsa dei prezzi? E a che cosa si deve quest’impennata estiva? Il primo motivo è di carattere «esogeno» come dicono gli economisti: la guerra in Ucraina, che ha provocato un aumento delle materie prime e un dispendio di energia che ha portato i costi alle stelle. Ma soprattutto sono le continue incertezze sull’inasprimento del conflitto, con il rischio di recessione e del crollo dei mercati mondiali, a provocare questa tempesta nei titoli legati al gas e al petrolio. Se i prezzi impazziscono per via di queste incertezze si ricaricano i costi sulla pompa per non far andare i punti vendita in disequilibrio economico. Ed è come se i distributori si tutelassero dalle vacche magre.

Il secondo motivo è quello di sempre: approfittare dell’aumento della domanda dovuto all’esodo di Ferragosto o ai grandi rientri di chi è andato in vacanza il primo del mese. Come è noto nel prezzo della benzina vi è un combinato disposto che unisce Stato (attraverso le tasse), distributori ed estrattori. Tutti insieme appassionatamente dentro lo stesso formaggio da rosicchiare. Oggi il Brent si muove sopra gli 84 dollari al barile, 15 in meno rispetto allo stesso anno, quando era salito di circa lo 0,6%. Contemporaneamente i distribuori aumentarono il carburante del 12,3% (il record della benzina si è comunque avuto con l’inizio della guerra in Ucraina: 2,2 euro). Significa che all’aumento del petrolio estratto corrisponde l’impennata dei distributori. I quali hanno sempre detto di non essere responsabili di quegli aumenti, che si ritrovano già bell’e pronti dopo i vari passaggi della filiera della raffinazione e della distribuzione. Di certo è che nei vari passaggi ne approfittano un po’ tutti e soprattutto quando i prezzi del Brent scendono se ne guardano bene dal seguirli. Come è noto lo Stato con gli aumenti ci guadagna per via delle percentuali delle accise e dell’Iva. Assoutenti ha provato anche a calcolare i ricavi di cui beneficerà grazie all’impennata di questi giorni: 2 miliardi e 275 milioni di euro. Il timido tentativo di calmierare i prezzi con il taglio di 30 centesimi al litro è finito il 31 dicembre del 2022. Solo un intervento «politico» infatti può fermare questo combinato disposto. Ma non pare che alle viste ci sia niente di simile. A parte i cartelloni con i prezzi medi in autostrada, che al massimo spingono l’automobilista a fare benzina in città prima di partire. Magari nei pressi dei supermercati dove il pieno costa meno.

Dunque vi è un conflitto di interessi tra Stato e filiera dei distributori: entrambi hanno interesse ad aumentare i prezzi, approfittando del solito esodo. Non c’è un soggetto arbitro indipendente e disinteressato: un tribunale dei prezzi. Con la leggera differenza che lo Stato in fondo dovrebbe tutelare anche l’interesse dei cittadini-consumatori. Che fare dunque? Rinunciare alle auto e prendere il treno o il bus? Il problema è che anche i trasporti pubblici rialzano le tariffe in conseguenza dell’aumento dei carburanti. Per non parlare dei voli aerei, che hanno messo le ali alle tariffe e decretato la fine all’epoca dei biglietti «low cost». Viaggiare per il mondo torna a essere un privilegio e non una possibilità per tutti. Ma forse in quel caso a rimettere a posto le cose ci penseranno i mercati, più che gli interventi statali.

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