Confusione di valori sotto il cielo di «Atreju»

ITALIA. Alzi la mano chi conosceva Atreju prima di giovedì 14 dicembre, primo giorno della kermesse dei giovani di Fratelli d’Italia che ha poi tenuto banco per tutta la scorsa settimana. Eppure si svolge dal 1998, sempre a Roma, di solito a settembre, organizzata per iniziativa di Alleanza Nazionale (tra cui la stessa premier Giorgia Meloni, allora dirigente romana di Azione Giovani), il partito precursore di Fratelli d’Italia.

Quanto al nome, non si tratta di un Comune della Barbagia, ma del personaggio di un celebre romanzo dello scrittore tedesco Michael Ende, «La storia infinita», da cui è stato tratto nel 1984 l’ancor più celebre film, ben noto a tutti i «boomers» del mondo (il primo ministro britannico Rishi Sunak, quello che ha già iniziato a deportare i migranti su delle chiatte galleggianti in mezzo alla Manica, all’uso delle prigioni vittoriane, si è pure commosso sul palco ricordando il film). Nell’intenzione degli organizzatori il nome del ragazzo vuole richiamare la sua volontà di lottare contro il Nulla che avanza, inteso dal punto di vista filosofico e culturale, «contro un nemico che logora la fantasia della gioventù, ne consuma le energie, la spoglia di valori e ideali, sino ad appiattirne le esistenze». Personalmente preferivo il cane volante Falkor: forse sarebbe stato più appropriato con le sue ali e la sua idea di libertà e il suo aspetto tenerone, ma la cosa è ininfluente. Fatto sta che da allora la destra ha utilizzato la kermesse come punto di incontro (e talvolta anche di scontro) con gli altri mondi politici.

Quest’anno c’è stato il salto di qualità, non c’è dubbio. Atreju ha rappresentato quel che Pontida è stata per Bossi, o la Leopolda per Renzi fatte le debite differenze: la celebrazione politica del suo leader e il tentativo di trasformare socialmente e soprattutto culturalmente il pieno di voti di Fratelli d’Italia, alla ricerca di un’egemonia anche sul piano delle idee e degli uomini che le portano avanti. Nell’epoca del «post» (in senso temporale ma anche digitale, visto che oggi se non «posti» sui social non sei nessuno) Atreju rappresenta il substrato della nuova destra meloniana, il suo tentativo di lasciarsi alle spalle il suo armamentario post-fascista e rivestire il suo sovranismo populista di idee e volti nuovi attraverso l’esperienza degli incontri, dei dibattiti, degli eventi che si sono svolti sotto le mura di Castel Sant’Angelo. La possente fortezza vaticana ha fatto da scenario alla kermesse, tra i cartonati-totem di Gabriele D’Annunzio e Norma Cossetto, uccisa barbaramente dai partigiani comunisti istriani, alla toponomastica dedicata ai numi tutelari di Guareschi e Prezzolini, insieme con i pannelli che ripercorrono le missioni internazionali della premier.

Atreju è diventata una passerella di destra (e perfino di sinistra) in cui l’importante è esserci, soprattutto per i politici. Se la celebrazione della premier – acclamatissima - è senza dubbio riuscita, il collante culturale e programmatico dei valori e degli ideali lo è stato un po’ meno, perché la confusione sotto il cielo di Roma è stata grande. A partire dalla star Elon Musk. Il Tycoon della Tesla, nell’invitare alla natalità, si è presentato con in braccio uno dei suoi 11 pupi avuti da varie mogli o compagne e con i «sistemi» più vari, tra cui la gestazione per altri, sinonimo gentile per dire utero in affitto, che Fratelli d’Italia vorrebbe (giustamente) trasformare in reato internazionale. Si è detto di tutto e il suo contrario, dagli immigrati alla politica europea, dal patriarcato al sovranismo, celebrando personaggi e scagliando invettive su altri anti-personaggi. Nella consapevolezza che il potere riesce a digerire di tutto e trasformare qualunque idea e qualunque incoerenza, soprattutto quando è vincente nei sondaggi.

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