Consonni, brilla
anche Bergamo

Per 166 millesimi di secondo, meno di un battito di ciglia, Consonni d’oro. Cinque anni di duri allenamenti e vinci, o perdi, per 166 millesimi di secondo. Nell’estate più incredibile che lo sport italiano ricordi brilla anche la luce abbagliante di Bergamo. Nel treno azzurro a levitazione magnetica che corre sull’anello dell’Izu Velodrome trascinato da un extraterrestre, la Freccia tricolore Filippo Ganna, il Marcell Jacobs su due ruote, c’è anche Simone Consonni, il 26enne di Brembate Sopra.

Consonni è stato il decisivo collante della squadra dell’inseguimento su pista che sui 4 mila metri ha piegato con un’incredibile rimonta la Danimarca volando a 70 km/h e fissando il nuovo record del mondo, 3’42”032, il secondo in 24 ore. Nel contesto dello sport di casa nostra, la dimensione dell’impresa di Simone è rappresentata da due numeri. In 125 anni di storia dei Giochi olimpici estivi, Consonni è il quarto atleta bergamasco a conquistare una medaglia d’oro e l’ha vinta 22.258 giorni dopo il 26 agosto 1960, allorquando sulle strade di Roma la squadra azzurra della cronometro, descritta dal grande giornalista Bruno Raschi come «un quartetto di meravigliosa armonia», trionfò nella 100 km schiantando la Germania alla media di 44,589 km/h e uno dei componenti era Giacomo Fornoni, peraltro bergamasco soltanto di nascita (Gromo, 1939) considerato che crebbe nel Comasco. Dopo 61 anni, dunque, Bergamo si riappropria di un oro in uno sport, il ciclismo, che per secolare tradizione si fonde con la nostra terra. Uno sport di sacrificio, che esige carattere, resistenza e quel «mola mia» che è diventato ai tragici e angoscianti tempi della pandemia l’emblema dell’essere bergamasco. Uno sport che ha sempre scatenato la passione pulsante di folle oceaniche quando ha attraversato le nostre strade nelle tappe montane del Giro d’Italia. Il ciclismo ha regalato il 100% delle medaglie d’oro ai Giochi estivi alla città dei Mille (sull’Olimpo anche Enrico Brusoni a Parigi 1900, l’unico ad aver trionfato individualmente, e Marino Morettini a Helsinki 1952) e non c’è da sorprendersi. Invece è curioso segnalare come il più grande corridore bergamasco di tutti i tempi, Felice Gimondi, partecipò alla prova su strada a Tokyo 1964 e si classificò 33° (con il futuro cannibale belga Eddy Merckx 12°) nella corsa vinta dall’Italia Mario Zanin, destinato a essere un professionista assolutamente anonimo. Vincere ai Giochi non garantisce un automatico successo nei pro e viceversa. Così come è da ricordare che tre dei quattro ori sono scaturiti dalla pista, una volta molto popolare in Italia e caduta progressivamente nell’oblio prima del rilancio datato una decina di anni fa. E ora è proprio la pista a trainare il movimento visto che il ciclismo su strada, se si esclude Ganna, super nelle crono, è al buio con Vincenzo Nibali ormai in parabola discendente. Per Consonni, che era stato sesto a Rio 2016 nel quartetto per trequarti identico a quello di ieri (il volto nuovo è Jonathan Milan; il quarto eroe non ancora citato è Francesco Lamon), è la consacrazione della carriera sulla pista, mentre l’attività sul strada l’ha visto sacrificarsi come gregario di Elia Viviani nella Cofidis anche in un anno, come il 2021, in cui il suo capitano è stato l’ombra di se stesso. Ma proprio Viviani, olimpionico a Rio 2016 nell’omnium, sarà il compagno di squadra di Consonni nella madison di dopodomani che potrebbe consentire a Simone, in attesa dei Giochi di Parigi 2024, di diventare il secondo bergamasco a incamerare due medaglie olimpiche dopo Morettini a Helsinki 1952 (un oro e un argento). Consonni da chi lo conosce bene è descritto come una persona sensibile, umile e disponibile con tutti, sì, un ragazzo d’oro. Che sul podio era così emozionato da avere un lieve mancamento. L’ebbrezza della vittoria.

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