Conte bersaglio
di Ghino di Tacco

L’apertura di Bruxelles ad una revisione del Patto di Stabilità (quello che Romano Prodi definì «stupido») dovrebbe dare ossigeno al governo di un Paese oberato dal debito pubblico e dalle spese per interessi che si portano via gran parte delle risorse altrimenti destinabili agli investimenti infrastrutturali. E invece il governo Conte bis, a colore giallo-rosso, stenta persino a commentare le parole del commissario all’Economia Paolo Gentiloni.

E questo per la ragione che Palazzo Chigi è in una fase in cui le difficoltà tra i partiti stanno progressivamente immobilizzando la sua azione. Basta guardare ciò che sta accadendo sul problema della riforma della prescrizione che ha trovato in Matteo Renzi l’ostacolo più intransigente. Che però si sta scontrando con un’altra intransigenza, quella dei grillini che sul punto non vogliono perdere la faccia. Già si sente da lontano la voce dell’ex leader Di Maio: «Vogliono cancellare le nostre leggi», e il M5S si prepara ad una guerra di trincea.

Il ministro della Giustizia Bonafede non deflette ma nello stesso tempo spera in un compromesso, proprio come il suo predecessore Pd Andrea Orlando. Renzi invece alza la voce e minaccia di votare l’emendamento del forzista Costa che in due righe cancella la riforma stessa, se il M5S non accetterà il rinvio di un anno che Italia Viva ha messo nero su bianco.

Come se ne uscirà? Se Renzi vota con il centrodestra è possibile una crisi di governo, che però sarebbe distruttiva. A meno che Renzi non stia davvero pensando, come sospetta Goffredo Bettini, il suggeritore di Zingaretti, ad una vera e propria capriola e cioè a mandare a casa Giuseppe Conte, obbligando gli altri partiti ad un nuovo compromesso pur di salvare la legislatura. Ardito, si direbbe. Però anche possibile. Ora, l’interesse di tutti, nella maggioranza, è tirare avanti il più a lungo possibile.

Come, si può discutere. E Renzi sembra che stia ponendo la questione: equilibri di governo e di sottogoverno. Avendo Italia Viva i voti necessari in Senato per agire come Ghino di Tacco sulla rocca di Radicofani, ha il coltello dalla parte del manico. Gli altri sperano che sia un cane che abbaia alla luna per avere visibilità e voce in capitolo nelle nomine nelle tante società pubbliche che stanno andando al rinnovo degli organi societari (Eni, Enel, CdP, Finmeccanica-Leonardo...). Però proprio Bettini - che è una vecchia volpe della Prima Repubblica - non si fida, e teme il peggio. Per questo consiglia al suo segretario di partito di stringere ancora di più il legame con i grillini pro-Pd e con Conte, considerato ormai apertamente come una specie di Prodi-bis, cioè il federatore del «campo democratico vasto» come amano chiamarlo quelli di sinistra. Che poi sarebbe il nuovo Ulivo degli anni 2000, quello che consentirebbe ai democratici di riprendersi almeno una parte dei voti dispersi negli ultimi anni: grillini e sardine varie.

Ecco, però il punto è che il governo, alle prese con questi problemi di rapporti tra i partiti, sta fermando le macchine perché su ogni questione c’è un accordo da cercare e che non si trova. Il motivo per cui ieri era abbastanza difficile trovare un esponente di maggioranza che commentasse con soddisfazione le parole di Gentiloni: «Finalmente potremo fare quegli investimenti pubblici il cui crollo negli ultimi dieci anni hanno causato il deperimento del Pil e la mancata crescita del Paese, fanalino di coda della Ue, ad un passo dalla Grecia (che invece cresce)». Questioni come la riforma fiscale o la stessa riforma del processo penale, insieme alla prescrizione, sono ferme al titolo, sotto solo spazio bianco. Nel frattempo i grillini hanno pensato di riprendere un po’ di coraggio tornando ad agitare il vecchio, caro argomento dei vitalizi parlamentari.

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