Conte perde
consensi
senza scudo politico

Dicono i sondaggisti che il consenso degli italiani per il loro presidente del Consiglio sia sceso di dieci punti, piombando in poche settimane dal 50 al 40% e con tendenza negativa. La seconda ondata di Covid non sembra giovare a Giuseppe Conte che pure domina con i suoi solitari decreti la scena politica italiana da quando l’emergenza gli ha consegnato i «pieni poteri» inutilmente vagheggiati da Matteo Salvini nella pazza estate del Papeete. Domina, certo, ma senza lo smalto dei mesi scorsi, senza il piglio decisionista delle sue conferenze stampa in diretta all’ora dei telegiornali di Stato. Probabilmente anche lui avverte la stanchezza di chi, avendo affrontato la prima pandemia ed essendosi illuso che tutto fosse finito, si trova adesso a ricominciare daccapo con i sacrifici, le restrizioni, le paure.

Se a marzo si cantava sui tetti che «tutto sarebbe finito bene», adesso a riempirsi sono le piazze, sia quelle arrabbiate ma pacifiche di commercianti, ristoratori, lavoratori autonomi sull’orlo del fallimento sia quelle violente e devastanti di estremisti neri e rossi, di teste scariche e di camorristi sguinzagliati per creare disordine e distrarre le forze di polizia. Mentre giornali, giornali radio e telegiornali martellano quotidianamente il cervello e la pancia degli italiani affogandoli di notizie sul virus, i livelli di contagio salgono e avvicinano sempre di più un altro lockdown, sia pure in versione light alla tedesca: c’è da chiedersi come i connazionali prenderanno la notizia di altre restrizioni e costrizioni.

Servirebbe, a Conte, una maggioranza in grado di fargli da scudo, viceversa i partiti che lo sostengono vivono la stessa sindrome dei cittadini, si muovono erraticamente e litigano tra di loro sul da farsi, temendo ad ogni curva di perdere un po’ di voti per via di decisioni fatalmente impopolari. Litigano i ministri, fuori e dentro il consiglio, e litigano i governatori mentre leader politici come Zingaretti e Renzi incrociano le spade rinfacciandosi opportunismi e ipocrisie. Ma quel che probabilmente preoccupa ancor di più Palazzo Chigi è il sempre più ristretto margine di sicurezza offertogli dalla maggioranza al Senato dove ogni settimana che passa i grillini perdono uno o due parlamentari. Il M5S si va sfarinando in un vortice di crollo dei consensi, lotte personalistiche, risse di corrente, cattiverie e pettegolezzi. E così quello che fu il partito di maggioranza relativa (e che tale rimarrebbe, sia pure solo contando i numeri dei seggi parlamentari) è l’ombra di se stesso, ha perso il piglio rivoluzionario e non riesce a stare al passo della fatica di governare e finisce che chi dovrebbe più di ogni altro sostenere, aiutare, proteggere il presidente del Consiglio manca al suo ruolo e anzi crea problemi, cortocircuiti, paralisi decisionali.

Privo di un vero e proprio scudo politico, Conte ha però la fortuna di avere di fronte a sé un’opposizione come quella leghista che finora ha sbagliato tutte le mosse ed è costretta ad assecondare qualunque pulsione di protesta cadendo nelle contraddizioni più vistose (Salvini da mesi ondeggia, polemizzando col governo, tra la richiesta di chiusure totali e l’invocazione di aperture senza paura).

In tutto ciò l’unica vera certezza di Giuseppe Conte è Sergio Mattarella, forse l’unico in grado di parlare facendosi ascoltare dal Paese. Il Capo dello Stato non permetterà mai una crisi di governo – e anche il rimpasto tanto cercato dai renziani – in piena pandemia. Finchè c’è l’emergenza non si tocca nulla: il Quirinale non permetterà avventure, e questa in definitiva è la vera assicurazione sulla vita dell’ex «avvocato del popolo».

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