Covid, nuovi poveri
Dramma alto da pagare

Gli esperti hanno calcolato che ci vorranno due anni, al termine della pandemia di coronavirus, affinché l’Italia torni ad avere una situazione economica uguale a quella precedente all’immane tragedia. Ad uno stato comunque non brillante, con il Prodotto interno lordo che cresceva solo dell’1,2%. Intanto si contano già le prime vittime economiche del Covid-19, qualificabili attraverso un termometro incontestabile: i centri di ascolto della Caritas nazionale, che ha elaborato sul tema uno studio preoccupante. Soltanto nel periodo dal 9 al 24 aprile scorsi, rispetto a quello pre-emergenza, cioè gennaio-febbraio, i centri hanno visto l’arrivo di 38.580 persone bisognose di aiuto. Un raddoppio, il 105% in più rispetto alle settimane prima dell’obbligo di stare a casa.

Sono italiani e stranieri che avevano in gran parte occupazioni precarie e stagionali, operai edili, collaboratrici domestiche, anziani, persone già disoccupate che cercavano di sopravvivere con lavori saltuari. I penultimi della gerarchia sociale, che a fatica vivono del proprio reddito. Non riescono più a pagare bollette, affitti e medicine, rischiando di finire in strada. Ma in questa lista dolente ci sono anche piccoli commercianti, costretti a chiudere attività che già stavano in piedi a fatica. Il rientro nel mercato del lavoro per queste persone è molto difficile: l’età media è 50 anni, troppo bassa per andare in pensione e troppo alta per trovare un nuovo posto, in assenza di una riqualifica.

Possono sembrare numeri piccoli ma si tratta di persone, fagocitate dalla nuova povertà mentre la crisi sanitaria è ancora in corso: un’avanguardia. Secondo la Coldiretti sarebbero già un milione: non passano dai centri Caritas ma ricevono aiuti alimentari ed economici attraverso le centinaia di iniziative di volontariato nate sul territorio (anche nella Bergamasca) o di associazioni già esistenti che hanno momentaneamente ricalibrato le proprie finalità per portare la spesa a domicilio ad anziani e famiglie bisognose. Anche i Comuni hanno messo in campo diverse iniziative. Le richieste di aiuto ai Servizi sociali della Val Seriana sono quintuplicate: arrivano da lavoratori dipendenti in cassa integrazione, artigiani, ma anche da chi è rimasto solo, senza più la garanzia di un secondo stipendio.

Tra marzo e aprile solo le Caritas hanno distribuito 56.500 pasti e dispositivi di protezione individuale e igienizzanti a 290 mila persone. Ma c’è anche un aspetto psicologico che grava sulle persone economicamente più fragili. Infatti i centri di supporto dell’organizzazione caritativa della Chiesa per questo tipo di servizio hanno registrato 23 mila contatti: da chi è in cerca di un semplice ma essenziale conforto a chi chiede un accompagnamento nel lutto per la perdita di propri cari. Un’altra povertà è quella digitale: moltissime le richieste di aiuto per smart working (senza il quale in questo periodo molti dipendenti non lavorano) e per la didattica a distanza per i figli. Un dato positivo è il coinvolgimento di nuovi volontari giovani, under 34, cresciuti del 59,4% in queste settimane. Un dato tragico è invece la morte di 10 operatori contagiati dal Covid-19.

In questo quadro economico devastante se la cavano le famiglie che, seppur perdendo il lavoro, dispongono di risparmi da cui attingere: è un tesoretto che in Italia ammonta complessivamente a 10 mila miliardi di euro, superiore alla maggior parte dei Paesi avanzati. Così come è decisivo l’essere proprietari di casa: lo sono quasi l’80% degli italiani. Ai nuovi poveri il governo intende garantire un reddito di emergenza. Ma è il lavoro che dà dignità alla persona. E in cento giorni di pandemia sono stati emessi 160 decreti, i cui effetti però ritardano a farsi sentire. La burocrazia è un avversario insidioso anche per la lotta alle nuove, drammatiche povertà.

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