Crescita inattesa del Pil trainata dal turismo, come non sprecarla

Il commento. L’economia italiana, in questa seconda metà del 2022, pur rallentando continua a crescere e lo fa a un ritmo ben superiore alle aspettative, incluse quelle più autorevoli e meglio informate.

Basti pensare che la Banca d’Italia, per i tre mesi di luglio, agosto e settembre, si attendeva un Prodotto interno lordo (Pil) «marginalmente ridotto rispetto ai tre mesi precedenti»; lo stesso ministero dell’Economia prevedeva una «variazione leggermente negativa del Pil nel terzo trimestre»; l’Ufficio parlamentare di bilancio, infine, si era spinto a quantificare il calo atteso in una flessione dello 0,2 per cento rispetto ai mesi di aprile, maggio e giugno. L’Istat, al contrario, nelle sue stime preliminari pubblicate lunedì scorso ha ribaltato tutti i pronostici: il Pil del nostro Paese nel terzo trimestre è salito infatti dello 0,5 per cento rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,6 per cento in confronto allo stesso periodo di un anno fa.

Come si spiega questo andamento sorprendentemente positivo? Lasciamo rispondere gli autori del bollettino dell’istituto presieduto da Gian Carlo Blangiardo, secondo i quali il dato trimestrale «riflette dal lato della produzione un calo dell’agricoltura e dell’industria e un aumento marcato dei servizi». E visto che stiamo parlando dei mesi estivi, il boom dei servizi non può che coincidere con un andamento da record del comparto turistico. D’altronde, nel periodo gennaio-agosto, le presenze di visitatori - italiani e non - nel nostro Paese sono aumentate del 75 per cento rispetto al 2021. Il clima particolarmente mite ha favorito un prolungamento della tendenza positiva anche a settembre e addirittura fino al ponte festivo che si è concluso ieri.

L’inattesa tenuta dell’economia italiana, che tra l’altro continua da mesi a fare meglio del resto dell’Eurozona, non avrà come unico effetto quello di rinviare la temuta e probabile recessione tecnica che ci attende, cioè il susseguirsi di due trimestri consecutivi di crescita negativa. Più in concreto, consentirà maggior slancio allo sviluppo del Paese nell’anno in corso – con una crescita acquisita nei primi nove mesi del 2022 che ormai arriva al 3,9 per cento – e garantirà dunque al nuovo Governo un po’ di spazio fiscale in più per aiutare imprese e famiglie a fronteggiare le sfide che incombono.

Cosa fare utilmente con le risorse pubbliche che la crescita mette a disposizione? Per immaginarlo sarebbe opportuno partire da una diagnosi condivisa del rallentamento economico che comunque ci attende. La debolezza complessiva dell’attività economica, ha spiegato di recente il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, riflette sia quella dei consumi che quella degli investimenti in macchinari e attrezzature. I consumi sono penalizzati dall’erosione del potere d’acquisto causata dall’inflazione, specie per i redditi medio-bassi, e dunque è in questa fascia della popolazione che dovrebbero concentrarsi gli aiuti alle famiglie. Quanto agli investimenti privati, questi rallentano in ragione dell’incertezza e dell’aumento dei costi di finanziamento. Esiste ovviamente una quota di aleatorietà dettata da fattori internazionali - come la guerra in Ucraina o la crisi energetica – su cui il nostro Governo può incidere ben poco; per tutto il resto, però, aiuterebbe lavorare a un quadro istituzionale e regolatorio il più possibile chiaro e prevedibile dal punto di vista degli investitori. Sui costi di finanziamento, infine, se appare ineluttabile l’aumento dei tassi d’interesse dettato dalla Banca centrale europea, di nuovo sarà compito dell’esecutivo minimizzare il «rischio Italia» con una sana prudenza sul bilancio pubblico.

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