( foto ansa)
MONDO. Sullo scenario di ricerca delle condizioni ottimali della convivenza civile, la storia degli ultimi due secoli dimostra che l’Occidente (Europa e Stati Uniti d’America) è stato la fucina del lento e faticoso percorso dalle antiche monarchie sovrane all’affermarsi degli Stati di diritto.
«Secondo gli standard sia storici sia attuali abbiamo la fortuna di poter godere di un alto grado di libertà. Quest’ultima offre molte opportunità che implicano una responsabilità: fare delle libertà un uso saggio e umano», così scriveva venti anni fa Noam Chomsky. Il giudizio del filosofo statunitense condensava, in modo mirabile, alcuni fondamenti delle democrazie contemporanee, facendo emergere il complesso incrocio tra diritti e doveri, mettendo in luce come la libertà – meglio ancora, le libertà, intese come possibilità di far valere gli spazi di «manovra» dei singoli cittadini – siano presupposto, e insieme, risultato della sostanza della democrazia.
Sullo scenario di ricerca delle condizioni ottimali della convivenza civile, la storia degli ultimi due secoli dimostra che l’Occidente (Europa e Stati Uniti d’America) è stato la fucina del lento e faticoso percorso dalle antiche monarchie sovrane all’affermarsi degli Stati di diritto. Percorso, come si sa, costellato di coraggiose rivoluzioni, di sanguinose guerre, di vittorie e di sconfitte. Ma, alla fine, i principi di libertà hanno avuto la meglio. La sovranità non spetta più ai sovrani, ma al popolo. Ciò, benché esistano ancora Stati al cui vertice il potere (quasi del tutto formale) appartiene ancora alla casa regnante. E, soprattutto, nonostante le terribili dittature del XX secolo, in Germania, in Italia e in Spagna, nelle quali – occorre non dimenticarlo – Mussolini e Hitler arrivarono al potere attraverso le elezioni.
Una radicale svolta si è verificata dopo la Seconda guerra mondiale. Mentre in Paesi come l’allora Unione sovietica e la Cina ha prevalso la dittatura, le democrazie dell’Occidente hanno trovato un deciso rafforzamento nelle Costituzioni. Approdo che ha visto il nostro Paese tra i più avanzati nella consacrazione, nella Carta costituzionale del 1948, delle libertà e dei diritti. In essa vige il criterio inderogabile della ripartizione dei poteri tra i soggetti che devono garantire diritti e doveri dei cittadini. Potere legislativo, potestà dell’esecutivo, garanzie giudiziarie sono i pilastri dell’ordinamento. In tale circuito - pur nella varietà delle norme dei singoli Stati - un ruolo di primaria importanza ha il Presidente della Repubblica.
Il Capo dello Stato ha una funzione «politica», ma strettamente limitata a verificare che nessuno dei poteri costituzionali esondi dal ruolo e dalle competenze previste dall’ordinamento
In Italia gli ottant’anni trascorsi tra la nascita della Repubblica e le vicende odierne dimostrano che i Capi di Stato – da De Nicola a Mattarella – hanno svolto l’incarico di garanti della Costituzione. In particolare, va sottolineata la forte attenzione alla prassi, incrociata con la «lettura» del contesto storico-politico. Si deve a Carlo Esposito, nonché a molti altri insigni giuristi, una chiara individuazione del ruolo presidenziale, delineato già nel 1960. Il Capo dello Stato ha una funzione «politica», ma strettamente limitata a verificare che nessuno dei poteri costituzionali esondi dal ruolo e dalle competenze previste dall’ordinamento. Come è noto, non sono mancati momenti delicati, a volte sconfinati nella frizione tra Presidente della Repubblica e Governo e/o Parlamento. In tali circostanze il Presidente Mattarella ha saputo coniugare prudenza nella forma degli interventi con fermezza nella sostanza, con rispetto delle prerogative istituzionali a lui attribuite. In merito a un recente tentativo di coinvolgere il Capo dello Stato in un bluff comunicativo, la posizione della Presidenza della Repubblica è stata durissima. Segno di una fermezza indiscutibile.
Infine, sulla valenza e sul significato stesso della parola libertà non si può non tener presente l’abnorme dilagare delle forme di controllo derivanti dagli sviluppi della tecnologia. La questione è di elevata complessità. Qui ci si limita a sottolineare quanto la vita quotidiana di ogni persona sia individuabile dal controllo sul semplice possesso di un telefonino. Tale capacità conoscitiva ha, ovviamente, ricadute utili e positive (si pensi alla possibilità di verificare reati e loro colpa), ma disegna una ragnatela di informazioni che circonda tutti. «Quale libertà?» diventa una domanda legittima.
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