Democrazia in equilibrio sulla legge elettorale

Il commento Nonostante gli enormi difetti, è stata tenuta in vita la legge elettorale che aveva creato la legislatura più pazza della Repubblica, iniziata con la richiesta di impeachment di Mattarella e conclusa con il licenziamento dell’italiano più stimato al mondo. La scusa di chi (i capi partito) aveva interesse a mantenere il privilegio dei seggi decisi a tavolino tra quattro nemici in una stanza, era che la questione legge elettorale non interessa ai cittadini, che hanno ben altre priorità. Vecchio trucco antipolitico.

Quanto invece la questione sia importante lo si vede in questi giorni, con la preparazione delle elezioni, parola che è sinonimo di democrazia. Purtroppo, però, vediamo i partiti impegnati non a proporre quello che davvero vorrebbero rappresentare, ma ciò che è più conveniente per applicare astutamente le regole elettorali. A costo anche di contraddirsi e confondere le idee dei cittadini. Mentre diventa un ricordo da rimuovere con fastidio l’effimero successo del partito che nel 2018 fu scelto da un italiano su tre, in odio a tutti gli altri (ma la rabbia di un momento poi ha conseguenze per anni…), si formano coalizioni imposte quasi solo dalle regole elettorali. Si fanno sforzi immani per far quadrare conti oltretutto aleatori, perché il taglio dei parlamentari rende molto virtuali le previsioni, e alla fine arriveranno sorprese oggi inimmaginabili, perché il ridisegno di collegi immensi mette insieme Porta Venezia e i paesini del Pavese. Stiamo vedendo quante contorsioni sono state fatte a destra, a sinistra e al centro. Spariscono in un attimo teorie radicate, come l’illusione del campo largo (che errore) o la distinzione non banale tra draghiani e non draghiani, e c’è tutto un riposizionamento affannoso.

Apparentemente più facile l’acrobatismo della destra, perché con tranquillo cinismo ha messo in piedi una coalizione a guida della Meloni, seppellendo in un pomeriggio la mistica del centrodestra inventato negli anni ’90 da Berlusconi con lo sdoganamento di Fini. Tanto, allora e per 20 anni, la guida sarebbe stata in mano tutta ai moderati del centro, con destra e secessionisti a cuccia. Ora che le cose sono cambiate, è rimasto al leader solo la possibilità di proclamare a parole per sé un 20%, ma chi non ci crede se ne va, e non era mai accaduto, dal vertice. A sinistra, il problema di scegliere tra centrosinistra e sinistracentro è stato più complicato. Anche qui, profonda differenza tra quel che si vorrebbe e quel che si è costretti ad essere. Quando Letta, orfano tardivo del super progressista Conte, si è accorto che decine di seggi possono sfuggire per un’inezia, porte aperte a Calenda e persino all’odiato Renzi. Calenda, a sua volta, in compagnia forzata con Di Maio, e quest’ultimo – capolavoro assoluto – candidabile con il partito di Bibbiano. Dura, in questo quadro, la possibilità di convincere al voto quel 40% che sfugge ai sondaggi. Gli si deve chiedere di comprendere che la diserzione aggraverà problemi già pesantissimi.

Guardate che guai può combinare una legge elettorale balorda. Con una legge diversa, poche settimane fa, vittoria netta del Pd, oggi con questa, successo assicurato per Fratelli d’Italia, l’unica opposizione di Draghi, cioè dell’uomo per il quale si è mobilitata mezza società civile. Come mettere d’accordo due fatti cosi opposti sembra un mistero. E pensare che tutto é cominciato con dei referendum che dovevano ricucire il rapporto tra elettori ed eletti con la mistica salvifica del maggioritario. Fu in realtà l’inizio, almeno senza insulti, del populismo, nella sua versione antipartitica, perché dire antipolitica suonava ancora male. Di quei sogni diventati incubo, sono rimasti il divieto della preferenza e il sublime scherzo del Rosatellum: se hai votato un partito che non arriva al 3%, il tuo voto sarà redistribuito a quelli che ci sono riusciti, magari a quello che più detesti. La verità è che tutti questi sono residui di un’epoca più facile in cui ci si poteva permettere di tutto, perché non c’erano guerre a due passi, inflazione a doppia cifra e pandemia omicida. Proviamo a tornare seri.

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