È la povertà
il maggior nemico
della salute

di Silvio Garattini
Nel precedente articolo (L’Eco di Bergamo, 27 febbraio 2020), si è discusso dell’importanza della prevenzione, identificata nelle regole riguardanti i buoni stili di vita e un ambiente privo di inquinamento. In questo articolo si vuole sottolineare il più importante e determinante della salute: il livello socio-economico. È infatti la povertà il peggior nemico della salute; povertà intesa nel senso più ampio, cioè non soltanto dal punto di vista del reddito, ma anche del livello culturale, spesso in relazione con il precedente.

Da questo punto di vista la situazione in Italia non è certo rosea. Basti pensare che il 6,9 percento delle famiglie italiane vive in povertà assoluta con estremi che vanno dal 3,3 percento in Toscana o il 4,9 percento in Lombardia, al 20,4 per cento in Calabria. Abbiamo infatti uno dei tassi di occupazione fra i più bassi d’Europa e solo la Grecia ci salva dall’essere il fanalino di coda, mentre siamo il fanalino di coda per quanto riguarda i giovani non occupati e non inseriti in corsi di formazione.

Anche per quanto concerne l’educazione la nostra posizione nel mondo è molto critica: abbiamo un tasso di abbandono della scuola da parte dei giovani che ammontava nel 2018 al 14,6 per cento (12 per cento in Lombardia) rispetto alla media europea del 10,6 per cento. A questo quadro va aggiunto il basso numero di laureati e di dottorati, che tra l’altro in buona percentuale decidono di percorrere la loro carriera professionale al di fuori del territorio italiano. Infine, siamo anche caratterizzati da una cattiva ridistribuzione del reddito, come espresso dall’indice di Gini che riguarda la concentrazione della ricchezza. Siamo cioè un Paese in cui esiste un ampio dislivello fra la percentuale dei più ricchi rispetto ai più poveri.

La descrizione della situazione socioeconomica del Paese è molto importante per capire quanto questo parametro determini lo stato di salute della popolazione. Alcuni esempi possono essere utili. Consideriamo le malattie croniche presenti nei soggetti con più di 65 anni: sono il 63,4 per cento per le persone che hanno frequentato solo le classi elementari e il 42,2 per cento per chi ha ottenuto una laurea.

L’obesità è un altro parametro di salute molto importante, perché è alla base del diabete, di eventi cardiocircolatori e di tumori. Ebbene le differenze rispetto alla situazione economica sono enormi: è obeso il 17,7 per cento della popolazione che ha difficoltà economiche e solo l’8 per cento per chi ha sufficienti risorse economiche. Il che rispecchia il 24,5 per cento di obesità nei soggetti con la licenza elementare contro un 6 per cento per chi ha una laurea. Lo stesso tipo di sproporzione potrebbe continuare, descrivendo anche il tasso di sedentarietà e il numero dei fumatori. Non vi è dubbio quindi che la povertà socio-economica è un determinante della salute e ha perciò un grande rilievo per il Servizio Sanitario Nazionale.

Gli interventi che si dovrebbero realizzare sono relativamente semplici, anche se difficili. Si tratta di elevare sul lungo termine il livello di educazione con una programmazione flessibile nel tempo, orientata dalle richieste di lavoro. Occorre aumentare e migliorare le scuole superiori professionali, occorre aumentare il numero di laureati con una migliore qualità dell’insegnamento, che inoltre dovrebbe esser meno passivo di quanto sia ora. È necessario abituare i laureati a «fare» e non solo ad «ascoltare». Il miglioramento dell’educazione non può che migliorare complessivamente la situazione economica per coloro che saranno più adeguati alle opportunità di lavoro. Sul breve termine è molto importante invece una migliore ridistribuzione della ricchezza attraverso aiuti concreti in termini economici, uniti comunque ad un miglioramento della formazione.

Ad esempio, le famiglie disagiate non dovrebbero pagare tasse universitarie per i figli che dovrebbero essere sostenuti con borse di studio adeguate. Diminuire il ruolo dei determinanti socio-economici negativi vuol dire anche fare prevenzione e diminuire le malattie, fattori importanti per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

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