Governo a 2 volti
e partita di giro

Il Consiglio dei ministri ha finalmente dato il via libera al Documento di programmazione economico finanziaria. Come è noto, il Documento definisce il quadro macro-economico di medio periodo e fissa i principali obiettivi della manovra economica del prossimo autunno. La bozza del Def, con le sue indicazioni programmatiche, prevede per quest’anno il Prodotto interno lordo allo 0,2 per cento e allo 0,6 per cento nel 2020.

Il debito pubblico salirà al 132,7 per cento, il massimo storico, il più alto di tutti i tempi, per calare fra un anno al 131,7. Il flusso del deficit aumenterà al 2,4 per cento, cifra che aveva ricevuto l’altolà dell’Unione ai tempi della Manovra economica. Anche per questi peggioramenti, si prevede di attivare la clausola concordata con Bruxelles che congela definitivamente due miliardi di spese. In ogni caso il governo si attiene ai paletti di Bruxelles.

Vi è poi il controverso capitolo sulla flax tax, piatto forte della Lega (i 5 Stelle sono più tiepidi) in vista delle elezioni europee del 26 maggio. Il vice premier Salvini aveva promesso un’aliquota unica per tutti i redditi Irpef sotto i 50 mila euro. Naturalmente il primo a opporsi è stato il ministro dell’Economia Giovanni Tria, poiché la copertura finanziaria per questo provvedimento, a seconda delle stime, va dai 60 ai 12 miliardi di euro. Dove li andiamo a prendere, visto che la sterilizzazione dell’Iva ci costa già 23 miliardi, per non parlare delle coperture di reddito di cittadinanza e Quota 100 per le pensioni?

L’unico pozzo ancora utile cui abbeverarsi potrebbero essere le cosiddette «tax expenditures», l’insieme di detrazioni e deduzioni a vantaggio del contribuente. La flat tax (ma sarebbe meglio chiamarla dual tax perché prevede due aliquote del 15 e del 20 per cento, in modo da aggirare l’articolo 53 della Costituzione che impone tasse progressive) sarà infatti coperta nelle intenzioni del governo da una riduzione delle spese fiscali e delle agevolazioni. Il ministro Tria però è riuscito a strappare un riferimento ai redditi fino a 30 mila euro, non di più, poi dopo le elezioni e l’estate si vedrà. È confermato poi che la doppia aliquota Irpef sarà coperta da una riduzione delle spese fiscali, ma «salvaguardando quelle destinate al sostegno della famiglia e delle persone con disabilità», si precisa. Non è comunque una bella notizia per chi ha un mutuo, delle spese mediche o un’assicurazione sulla vita, oppure deve pagare la retta universitaria per i propri figli.

L’impressione è che il governo, anche nel Def, abbia mostrato due facce: una perfettamente (o quasi) in linea con le direttive europee, in modo da evitare bracci di ferro e strappi in un frangente economico globale così delicato (anche la Germania ha ridimensionato la sua crescita), con tutti gli indicatori macroeconomici in picchiata. A rappresentare questa faccia è la fazione «moderata» dell’esecutivo, vale a dire il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Tria. La seconda faccia, quella più in superficie, è composta dai due vicepremier Di Maio e Salvini. Anche in questo caso è Salvini che ha raggiunto la maggiore visibilità, imponendo che si inserisse in un paio di passaggi la flat tax, cavallo di battaglia del Carroccio. Ma c’è un piccolo dettaglio: i soldi per realizzare questo provvedimento, che riguarda una platea tutto sommato ristretta dopo l’intervento di Tria (i redditi che stanno tra l’incapienza e i 30 mila euro l’anno) non ci sono. E se si riescono a raschiare, si vanno a prendere dalle detrazioni e deduzioni fiscali. In pratica un’enorme partita di giro fiscale: quel che entra dalla porta uscirà dalla finestra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA