I giudici, un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto

Il commento. È sempre una questione di bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Il giudizio della Commissione europea sulla manovra di Bilancio in corso di approvazione alla Camera autorizza sia l’uno che l’altro. Tant’è che alle dichiarazioni di Giorgia Meloni («Sono molto soddisfatta, l’Europa approva il nostro lavoro») e del ministro dell’Economia Giorgetti («Abbiamo smentito i gufi di casa nostra») hanno fatto da controcanto le parole di tutte le opposizioni («L’Europa boccia la manovra anti-poveri»).

La verità come sempre sta nel mezzo. Non esiste una bocciatura ma nemmeno una piena approvazione, ma anche questo appartiene alla prassi. Quindi vediamo nel dettaglio. Alla Commissione sta benissimo l’essenziale, e cioè che il governo Meloni non ha smentito gli impegni presi dal predecessore Mario Draghi sui saldi di bilancio: i conti pubblici sono sotto controllo, nessuno ha provato a forzare la situazione, niente extradeficit, l’Italia mantiene gli impegni, gli investitori possono stare tranquilli e gli spread non si muovono. Vi ricordate ai tempi del governo Conte 1 (Di Maio-Salvini) quando palazzo Chigi pretendeva un aumento abnorme del deficit – anche contro il parere del ministro tecnico dell’Economia, il mite professor Tria, l’unico che ci capisse qualcosa in quella compagnia – per «cancellare la povertà» dall’Italia? Ecco, quella sparata il governo giallo-verde dovette rimangiarsela in fretta e furia e, su ordine della Commissione, rinunciare alle spese folli. Tutto questo con Meloni e Giorgetti non è accaduto, anche se molti lo temevano. Questo è il bicchiere mezzo pieno.

Poi c’è quello mezzo vuoto. La Commissione boccia le varie misure «identitarie» del centrodestra, le promesse fatte all’elettorato e alle varie corporazioni sociali. Sono quelle che tutti conoscono: aumento del tetto all’uso del contante, limite all’obbligatorietà dei pagamenti digitali, e poi la cancellazione delle cartelle fino al 2015 («un vero condono»), la proroga di alcuni regimi di pensionamento anticipato. Tutte cose, spiegano a Bruxelles, che contraddicono le linee di lotta all’evasione fiscale e l’ampliamento della digitalizzazione dei pagamenti. È esattamente quanto avevano detto in coro la Banca d’Italia, la Corte dei Conti, l’Ufficio parlamentare di Bilancio innescando una polemica tra pezzi del governo e i cosiddetti «poteri forti»: Meloni ha subito evitato lo scontro che alcuni dei suoi stavano provocando anche se la cautela della presidente del Consiglio non ha evitato la dura reprimenda del governatore della Banca d’Italia Visco («Siamo autonomi e agiamo per il bene del Paese»). Altro rilievo piuttosto pesante arrivato da Bruxelles: la vaghezza con cui l’Italia sta procedendo sulla riforma fiscale che già Mario Draghi aveva avviato ma che si era impantanata in Parlamento già nella scorsa legislatura e che sembra subire lo stesso destino anche con le nuove Camere.

Quindi, per concludere: la Commissione ha lavorato molto tecnicamente, evitando di dare giudizi politici che la potessero mettere in contrasto col nuovo governo di Roma o esporla alle critiche di eccessiva indulgenza verso la destra italiana al potere. Anche perché, non dimentichiamolo, al Consiglio europeo Giorgia Meloni è attesa ad un voto molto delicato quando si tratterà di decidere se sbloccare o meno i fondi del Pnrr destinati all’Ungheria ma sospesi a causa delle leggi anti-diritti civili fatte approvare da Orban. Il quale è amico di Meloni e si attende da lei un voto a lui favorevole. Peccato che se l’Italia si schierasse con l’Ungheria finirebbe per isolarsi e mettersi contro Francia, Germania e paesi del Nord con possibili, multiple conseguenze, a cominciare dalla nostra richiesta di poter rivedere parti non trascurabili del Pnrr (su cui siamo in grave ritardo).

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