I particolarismi regionali non possono essere l’antidoto ai mali nazionali

Allo stato attuale in Italia vi sono 4,7 milioni di anziani non coperti dalla vaccinazione. Tra i 70 e i 79 anni sono 1,2 milioni coloro che non hanno ricevuto la prima dose: sono le persone più esposte e le Regioni che gestiscono la sanità lo sanno. E tuttavia tra i sessantenni, che a loro volta sono a rischio ricovero, si registra un’inversione di tendenza dai 161 mila del 12 maggio 2021 siamo scesi a 146 mila su un totale di 500 mila vaccinazioni giornaliere. Perché dunque questa sfasatura e questi ritardi? Deve esserselo chiesto anche il generale Paolo Figliuolo.

Dismessi i panni di Commissario alla sanità si è ripreso i suoi galloni e ha scritto al presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga in questi termini: «Si susseguono annunci di azioni non inserite nel programma nazionale (delle vaccinazioni n.d.r.) che potrebbero confondere l’opinione pubblica. Dobbiamo rimanere tutti focalizzati sulla protezione degli over 60 e dei fragili». Un’ovvietà che però ha dovuto essere ripetuta e messa nero su bianco.

Nel frattempo le 20 Regioni italiane si erano sbizzarrite con fantasia creativa con proposte che variano dalle dosi ai maturandi e ai sedicenni, alle isole che diventerebbero Covid free, oppure ai turisti che così arrivano e via di seguito. Tutti intenti nobili nel desiderio di rilanciare il turismo e l’occupazione ma frammentate in venti intenti regionali diversi o sovrapposti. Ecco l’immagine che ha armato di penna la mano del generale: il caos. E qui veniamo al punto. Ognuno pretende di far quello che in quel momento gli appare giusto. E magari lo è anche ma per quella singola realtà territoriale.

Le nostre società sono sempre più intercomunicanti per poter pensare di essere a posto con la propria coscienza solo pensando al proprio territorio. Viviamo come semplici cittadini lo stesso dualismo. Vorremmo ci venissero riconosciute tutte le nostre ambizioni di individui chiamati a sempre maggiori libertà e al contempo però pretendiamo l’appoggio delle istituzioni pubbliche e il loro tangibile aiuto. La pandemia ci ha insegnato che la rinuncia, la disposizione al sacrificio rende possibile la solidarietà. L’efficacia della presenza istituzionale si misura nella capacità del cittadino di condividere un comune progetto. Finora abbiamo fatto un ottimo lavoro, scrive il generale, ma al traguardo si arriva tutti uniti. Correre in ordine sparso nella speranza di arrivare primi vanifica gli sforzi fatti.

La questione è di metodo: se il piano viene discusso prima e viene aggiornato in collaborazione con le Regioni interessate, se si accolgono i suggerimenti indicati alla fine il Piano è di tutti non solo del Commissario. Anche in Germania che i nostri opinionisti prendono ora ad esempio, come una volta si faceva solo per gli Stati Uniti d’ America, anche qui vi è cacofonia. Il governo di Berlino prende una decisione e subito i sedici Länder si mettono in ordine sparso e cominciano a sparare le controproposte. Il risultato è stato un aumento dei contagi in ordine esponenziale in un Paese che era stato risparmiato dalla prima ondata e vantava in autunno pochi casi. Poi alla fine si è arrivati al dunque. I presidenti regionali hanno permesso a Berlino il potere di disporre con una legge federale di un lockdown simile a quello italiano della primavera del 2020. E non può essere diversamente perché il virus non conosce confini. In Italia, Liguria e Piemonte hanno firmato accordi per permettere le vaccinazioni ai turisti delle due Regioni. Un passo avanti certo ma balza evidente che solo una regia centrale declinata nella struttura regionale rende uniforme il bene comune. Il particolarismo non è l’antidoto ai mali nazionali.

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