I richiami alle riforme
e la sferzata sul fisco

L’impressione è che davvero gli Stati generali dell’economia Giuseppe Conte l’abbia voluti da solo: lui contro tutti gli altri. Ma proprio tutti: non solo l’opposizione di centrodestra che si è rifiutata di presentarsi nella prima giornata dei lavori (che doveva essere venerdì) ma anche tra i partiti della maggioranza. Tutti irritati, democratici, grillini, renziani, per un evento centrato inevitabilmente sul presidente del Consiglio, unico protagonista delle dirette televisive, delle conferenze stampa, dei titoli di prima pagina. E devono aver sogghignato in diversi quando il ministro della Salute Speranza ieri si è preso il gusto di annunciare - neanche il presidente del Consiglio lo sapeva - l’accordo europeo per il vaccino anti-Covid e per la dotazione di milioni di dosi per l’Ue, argomento che da solo è in grado di attirare l’attenzione internazionale. Ma è stato un attimo: Conte lestamente si è ripreso il riflettore dando la parola agli unici che considera suoi veri pari: la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, il presidente europeo Jean Michel, il presidente del Parlamento di Strasburgo David Sassoli, la presidente della Bce Lagarde (intervento interrotto per cattivo collegamento on line), la responsabile del Fmi Georgieva, il commissario all’Economia Gentiloni.

«Insomma, ha invitato a casa la Troika», è stato il sarcastico commento di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini. E tuttavia proprio questa apertura con i pesi massimi della politica continentale doveva dare l’allure agli Stati generali, generare l’immagine di un’Italia protagonista e non controllata speciale, partner che gioca un ruolo sul piano europeo e non sta sull’uscio a mano stesa per avere i soldi del Recovery Fund, che poi è invece la verità. Tanto è vero che tutti, ma proprio tutti, gli illustri ospiti stranieri hanno ricordato ai ministri del Governo italiano che li ascoltavano che senza riforme i soldi non arriveranno, e che gli uni sono la conseguenza delle altre. Come sempre del resto: sono decenni che l’Europa ci chiede riforme che noi promettiamo e poi di dimentichiamo in qualche cassetto.

A cominciare dal fisco e dall’evasione fiscale: qui è stato il governatore della Banca d’Italia a dire le cose con la brutalità che non gli è consueta. La differenza tra noi e gli altri, ha detto Visco, è che in Italia c’è troppa gente che evade le tasse e che chi segue le regole è torchiato oltre misura; e se non si risolve questo problema non andiamo da nessuna parte, anzi dobbiamo sfruttare l’occasione Covid per dare finalmente una sterzata alla politica fiscale del Paese. Ed è stato l’unico momento di concretezza dell’intera sessione del primo giorno: la riforma fiscale da fare subito. Del resto da tanti anni si moltiplicano studi, convegni, progetti senza mai fare nulla di radicale se non aggiungere nuovi balzelli o complicare quelli esistenti. «Adesso dovete agire» ha detto il numero uno di via Nazionale.

A sentire le fonti più maliziose che hanno raccontato cosa è accaduto intorno al tavolo della sala ovale del Casino dell’Algardi, pare che quello sia stato l’unico vero intervento concreto dell’intero dibattito. C’è da chiedersi come si riuscirà ad andare avanti addirittura per dieci giorni tra lo scetticismo generale e l’arrabbiatura degli esclusi, a cominciare dai rappresentanti degli enti locali (solo all’ultimo palazzo Chigi si è ricordato di invitare i governatori) e addirittura della Cgil che , forse per un disguido, venerdì sera protestava di non aver ricevuto neanche un messaggino di invito. Quel che è certo è che per dieci giorni avremo Conte a pranzo e a cena, tutti i giorni e a tutte le ore nella fastosa cornice della villa seicentesca di Doria Pamphilji. È il risultato dell’efficientissimo ufficio stampa del presidente del Consiglio, non a caso uno degli obiettivi preferiti dagli avversari di Conte. Sempre più numerosi.

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