I risultati della scuola e le disparità che pesano

ITALIA. A colpire di più nei risultati del Rapporto Ocse-Pisa 2022 sono le disparità.

Ma andiamo con ordine. L’indagine sulle competenze in matematica, lettura e scienze degli studenti quindicenni di seconda superiore è tornata dopo quattro anni, in ritardo di uno per via del Covid. Il dato sconvolgente è che in tutto il mondo la preparazione è crollata: il rendimento medio è sceso di 16 punti in matematica e di 11 in lettura. È come se nel primo caso si fosse indietro di tre quarti di anno scolastico e nel secondo di mezzo anno. In scienze il risultato è stabile. L’Italia segue il trend per la matematica: dopo i miglioramenti registrati dal 2012 in poi, con il picco raggiunto nel 2018, ora scivoliamo a 471 punti perdendone 15, in linea con la media Ocse. In lettura siamo stabili a 482 punti sopra la media e in scienze siamo a 477, da tempo sotto la media. Ma è la matematica il pezzo forte del Rapporto e su questa vale la pena soffermarsi. Potremmo consolarci guardando a Francia e Germania crollate rispettivamente di 22 e 25 punti. Servirebbe però a poco.

Potremmo anche dare la colpa al Covid e liquidarla qui. È evidente infatti che scuole chiuse, didattica a distanza e isolamento hanno pesato. Nell’indagine si trovano in proposito dettagli interessanti che confermano percezioni comuni. Ad esempio, che risultati migliori nei vari Paesi Ocse sono associati a chiusure meno prolungate delle scuole e a una didattica da remoto più efficace. Per inciso, i nostri ragazzi hanno incontrato più problemi con l’apprendimento a distanza rispetto alla media, ma dichiarano anche di non aver avuto problemi a trovare supporto per i compiti e la maggioranza ha avuto insegnanti disponibili in caso di richieste di aiuto. I mesi della pandemia, in ogni caso, hanno inciso e il Rapporto Ocse-Pisa certifica ciò che ci si poteva aspettare. Dare la colpa solo al Covid però non basta e non spiega tutto.

Ci sono tendenze di più lungo periodo. Alla presentazione dei dati ieri si è ipotizzato, ad esempio, che un problema possa essere «il modo in cui la matematica viene insegnata». C’è dunque un tema di «come» si fa scuola. E c’è anche un tema di «quanto» si investe nella scuola. Certo, il calo costante delle risorse pubbliche per l’educazione e l’istruzione, unito a una progressiva e apparentemente inarrestabile burocratizzazione di ciò che dovrebbe essere invece prima di tutto vita ed esperienza, non può essere un alibi. Ma è inevitabile constatare che la spesa, mantenutasi più o meno sopra i 50 miliardi l’anno fino al 2010, è via via scesa al di sotto e in rapporto al Pil siamo a quasi un punto percentuale in meno rispetto alla media Ue. Bisognerebbe poi andare a vedere in «cosa» si investe: da qui qualche aggiornamento sul «come» si fa scuola forse si potrebbe ottenere.

E così provare a colmare le disparità che, si diceva, colpiscono e non possono essere ignorate. La prima, storica, è fra territori: al divario fra Nord e Sud ci siamo quasi rassegnati. La seconda è fra scuole: s’invoca tanto più formazione tecnico-professionale, ma poi chi prepara di più e meglio nelle materie matematico scientifiche sono i licei. La terza differenza, enorme, è di genere: in Italia le competenze matematiche delle ragazze sono inferiori rispetto a quelle dei ragazzi di 21 punti, mentre la media è 9. In nessun altro sistema scolastico fra gli 81 censiti si trovano risultati peggiori. La distanza era già di 16 punti nel 2018. Ora è peggiorata. Una risposta è necessaria, tanto più che il dato fa il paio con quello dell’occupazione femminile cronicamente sotto la media. La quarta disparità riguarda le condizioni socioeconomiche e culturali di origine. Chi viene da un contesto di vantaggio ha in media un rendimento superiore di 85 punti rispetto a chi parte svantaggiato. Il Rapporto sottolinea che tutto sommato siamo in linea, visto che il divario medio internazionale è di 93 punti. Ma non può bastare per farci star tranquilli: ridurre le diseguaglianze e dare opportunità a tutti è una sfida non rinviabile.

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