Il capitalismo selvaggio altra faccia dei social

Non è cosa di tutti i giorni prendersi un richiamo dalle Nazioni Unite per violazione dei diritti umani dei lavoratori eppure Elon Musk ci è riuscito. Il capitalismo selvaggio, con i suoi estremi che riportano all’alba primordiale della Rivoluzione industriale, quando anche i bambini lavoravano 15 ore al giorno, ha il volto di quest’uomo dai tratti vagamente asiatici che perfino la Silicon Valley definisce «persona non grata».

Nei confronti dei suoi dipendenti il tycoon di Twitter sta attuando provvedimenti di macelleria sociale, tra licenziamenti di massa (la metà dei dipendenti) e infiltrazioni di fake news a colpi di disinformazione. Persino la Casa Bianca, attraverso il portavoce Karine Jean-Pierre, ha espresso nei giorni scorsi la preoccupazione che tutti i social media, da Twitter a Facebook, bandiscano l’istigazione all’odio, il razzismo e l’antisemitismo dalle loro piattaforme e tengano alta la guardia su disinformazione e fake news. Proprio questo depauperamento in termini umani potrebbe rendere più difficile il controllo delle fake news. Secondo il nuovo «padre padrone» di Twitter, tuttavia, non c’erano alternative.

«Sfortunatamente non c’è possibilità di scelta quando un’azienda perde oltre 4 milioni di dollari al giorno», ha spiegato sul suo account rivendicando che a tutti i dipendenti licenziati, bontà sua, «sono stati offerti tre mesi di stipendio che è il 50% in più di quello che è richiesto dalla legge». Quanto al socio Jack Dorsey, l’uomo che a 30 anni rivoluzionò per sempre il mondo della comunicazione, ha detto di rendersi conto che sono in molti ad essere arrabbiati con lui «perché ha fatto crescere l’azienda troppo velocemente».

E così mentre migliaia di dipendenti si preparano a lasciare l’azienda pare ci sia già una squadra di ingegneri provenienti dalla Tesla, la casa automobilistica di Musk, pronti a individuare problemi ed eventuali «bachi» e sfruttare le possibilità dell’intelligenza artificiale.

Musk è l’emblema del capitalismo dei nuovi colossi della new economy che in questi decenni l’hanno fatta da padrone sfruttando gli incommensurabili progressi tecnologici dell’era digitale. Impegnato a utilizzare gli immensi vantaggi che offrivano i social network e i motori di ricerca, il mondo si è dimenticato l’altra faccia della medaglia: l’elusione fiscale, le violazioni dei diritti umani, l’assenza quasi totale dei sindacati, il ritorno a un tipo di economia padronale, in cui ci sono stati imprenditori che hanno coccolato i dipendenti e altri che li hanno sfruttati selvaggiamente, anche con logiche ricattatorie e schiavistiche. Se non volete perdere il posto, dovete lavorare. Musk vuole cambiare Twitter a ogni costo. E vuole farlo subito, con tutte le risorse che ha a disposizione. Ai dipendenti del social è stato già chiesto di prepararsi a lavorare 12 ore al giorno, 7 giorni su 7. «Altrimenti il vostro posto è a rischio» si sono sentiti dire dai manager dell’azienda. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Evan Jones, product manager di Twitter, ha pubblicato la foto di una collega che dorme in ufficio, sul pavimento, avvolta da un sacco a pelo. Ci si chiede dove sono le Trade Unions da quelle parti.

Dicono che Musk può essere solo il prodotto del liberismo americano che in Europa un imprenditore così non avrebbe potuto prosperare, che la nostra cultura si differenzia da quella anglosassone perché di mezzo si interpongono i welfare e i sindacati, una visione più sociale e protettiva del lavoro. Ma è sempre meglio vigilare. Sarebbe utile che Musk non prevalesse in questo suo disegno di liberismo selvaggio. Da quelle parti, e forse nel mondo, rischia di essere l’esempio che apre la strada ad altri pirati dell’economia, non solo digitale.

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