
L'Editoriale
Giovedì 21 Agosto 2025
Il caso Schillaci, pasticcio e sospetti
ITALIA. Il «caso Schillaci» è aperto e nessuno sa, al momento, in che modo Giorgia Meloni lo voglia chiudere.
La presidente del Consiglio, benché impegnata in gravose questioni internazionali, ha ritenuto di dover far sapere, ufficiosamente, di essere alquanto irritata con Orazio Schillaci, appunto il ministro della Salute che, resosi conto per via delle proteste della comunità scientifica di aver nominato (a sua insaputa? Non aveva firmato lui i decreti?) due medici no vax proprio nella commissione sulle vaccinazioni del ministero, ha fatto precipitosamente marcia indietro e, per non cacciare solo quei due, ha azzerato le nomine dell’intera commissione. E dunque Meloni gli ha fatto sapere che questo dietrofront non le è piaciuto, e per una ragione evidente: perché ha scontentato quella parte di elettorato contrario alle vaccinazioni che vota a destra dove trova orecchie più attente. Un altolà di Palazzo Chigi che si è irrobustito con una dichiarazione del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida («Non sempre la scienza ufficiale ha ragione, bisogna ascoltare tutte le voci»), con quelle dei due capigruppo di FdI alla Camera e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan, e alla fine anche con un pesante attacco di Matteo Salvini, il leader politico più esplicitamente d’accordo con i no vax: «Schillaci ha fatto tutto di testa sua, si vede che al ministero qualcosa non funziona», che va letto come una intimazione di sfratto.
Le nomine no-vax
Ora, Schillaci è un medico sicuramente favorevole ai vaccini come la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, è stato rettore dell’Università Tor Vergata di Roma che ingloba un importante policlinico, e dunque è un «tecnico», non sta lì per conto di nessun partito anche se si dice che abbia qualche simpatia per Forza Italia (l’unico a difenderlo guarda caso è stato Maurizio Gasparri). Come tecnico potrebbe essere sostituito in poco tempo, ma pare che Meloni, per quanto irritata, non voglia in alcun modo procedere a modifiche della lista dei ministri: è stata costretta a farlo solo col caso Sangiuliano ma ancora si astiene dal farlo per esempio con Daniela Santanchè, benché la ministra del Turismo abbia guai giudiziari piuttosto corposi. La premier sa bene che un «rimpasto» porta sempre parecchie grane sollecitando troppi appetiti. Quindi è possibile che Schillaci resti al suo posto ma come un vigilato speciale, guardato a vista da un meloniano di stretta osservanza come il sottosegretario Marcello Gemmato, di professione farmacista, che in realtà ambirebbe a sostituire il suo traballante ministro. Schillaci, da tecnico, ha parecchio pasticciato in questa vicenda dando l’impressione di non controllare quel che avviene nelle stanze vicine alla sua.
L’ipotesi delle dimissioni
Non è però escluso che Schillaci voglia togliersi di impaccio da solo dando le dimissioni e tornando alla sua professione (pare che abbia già diverse offerte prestigiose). Sembra che cerchi di indurlo a questo passo la segretaria del Pd Elly Schlein che gli chiede provocatoriamente per quale ragione non alzi la testa anche quando gli tagliano i fondi della sanità pubblica, che è un modo per metterlo ulteriormente in imbarazzo ma anche per togliere a FdI un argomento piuttosto insidioso. «Vedo - aveva detto ancora Lollobrigida - che Schillaci ha parecchi estimatori nell’opposizione»: dopo la stroncatura di Schlein non sarà più possibile sospettare il professore di «intelligenza col nemico». Ma resta l’altro sospetto, quello di aver assecondato troppo le proteste del mondo della scienza. Un tempo sarebbe stato un titolo di merito.
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