Il «Cura Italia», in attesa della svolta
europea per avere più flessibilità

Firmato dal Capo dello Stato, il decreto «Cura Italia» è immediatamente operativo ma dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni. Sembra di capire, dalle prime reazioni dell’ opposizione, che il clima di bassa tensione politica che c’ è stata finora non durerà a lungo.
La Lega infatti ha attivato alcune resistenze parlamentari utili a dimostrare che il provvedimento del governo è inadeguato alla situazione in cui versano ora, e tanto più verseranno presto, le famiglie e le imprese. Matteo Salvini chiede un anno fiscale «bianco» sostanzialmente un abbuono delle tasse.

Il governo replica che una tale misura sarebbe insostenibile e che lo sforzo fatto finora è consistente perché con 25 miliardi previsti nel decreto (in buoni del Tesoro) ne vengono movimentati 350, cifra però contestata dalle opposizioni.

Inoltre, a Palazzo Chigi annuncia un altro decreto in aprile e sottolinea che già con queste misure l’ Italia sforerà il tetto del 3% del rapporto deficit-Pil. Come dire: non potete chiedere l’ impossibile, gli aiuti alla sanità ci sono, alle famiglie anche, le imprese vengono sollevate da una serie di adempimenti fiscali, viene rafforzato il fondo di garanzia per le Pmi, bloccati i licenziamenti dei dipendenti e aiutati per quel che è stato possibile anche gli autonomipiù di questo al momento non ci possiamo permettere. La realtà è che il governo spera che a Bruxelles si muova rapidamente qualcosa di più della flessibilità sui conti pubblici che finora la Commissione, d’ accordo con Berlino, ha consentito. L’ obiettivo è, come dice Paolo Gentiloni, arrivare all’ emissioni di bond europei legati all’ emergenza coronavirus. La proposta è sul tappeto ma finora è sempre stata bloccata dal «partito del Nord»: si tratta di vedere se l’ emergenza che sta sommergendo tutta l’ Unione e non più solo l’ Italia, smuoverà anche i partner più preoccupati dell’ equilibrio di bilancio che di altro.

Le prime reazioni non fanno ben sperare. Allo stesso modo la risoluzione cui è giunta la Commissione economica del Parlamento europeo (con la maggioranza di centrosinistra più i popolari tedeschi) di utilizzare almeno una parte dei 410 miliardi in dotazione al Fondo Salva Stati, senza mettere le solite condizioni di austerità, ha già trovato l’ ostilità degli olandesi. Contemporaneamente la Bce, dopo aver corretto la sua presidente Lagarde, è dovuta di nuovo intervenire per smentire il governatore della Banca centrale austriaca che aveva sostanzialmente detto le stesse cose del la signora che è succeduta a Mario Draghi, e cioè che gli spread sono un fatto che deve riguardare i singoli Stati (vedi l’ Italia). Se poi, ha aggiunto, le cose dovessero peggiorare, si arriverà ad una «purificazione» (ha detto proprio così) del tessuto economico con il fallimento delle aziende che è giusto che falliscano. Tesi che trovano orecchie attente nella rappresentante tedesca nel board dell’ Istituto di Francoforte.

Insomma, in Europa è in corso una partita tra chi, di fronte alla pandemia, vorrebbe spingere sul tasto della solidarietà comune rinunciando alla politica della austerità, e chi invece si autonomina difensore a qualunque costo della tenuta dei conti pubblici. Commenta Enrico Letta: se dovesse prevalere quest’ ultima fazione non si farebbe altro che fomentare un’ altra ondata di anti-europeismo tanto più violenta perché provocata nel pieno di una emergenza sanitaria con gli ospedali al collasso e tante vittime. Certo è che per l’ Italia, con un gigantesco debito pubblico, la possibilità che si possano prendere dei provvedimenti più forti per difendere le famiglie e le imprese dipende da una vera svolta europea. Molto dipenderà dall’ atteggiamento di Angela Merkel ma anche dal coronavirus: finora ha lasciato abbastanza tranquilli i Paesi settentrionali del rigore ma non è detto che continui così.

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