Il difficile equilibrio fra tecnici e politici
per scrivere a Bruxelles
Chi ha studiato la tempistica europea sostiene che quest’ultima speranza è abbastanza illusoria, senza contare che è ben difficile che i successori di Juncker, Dombrovskis e Moscovici siano più malleabili: i nuovi vertici europei saranno decisi con un compromesso tra popolari, socialisti e liberali, e tra tedeschi francesi e spagnoli, ed è previsione comune che non verrà modificata la linea sin qui tenuta di rispetto del Fiscal Compact e dei parametri comunitari. Del resto, basta guardare l’arco dei Paesi partner per capire che in questo momento l’Italia non ha una sponda su cui giocare: né del Sud Europa (spagnoli e portoghesi sono allineati a tedeschi e olandesi) né tantomeno del Nord, senza contare che i «sovranisti», a cominciare da austriaci, polacchi e ungheresi, sono i più risoluti nel pretendere disciplina dall’Italia. E questo ci spiega che le rassicurazioni di Conte (e del ministro Tria) non dovrebbero sortire un apprezzabile effetto. Anche perché gli unici due esponenti del governo italiano che si siedono al tavolo europeo non hanno alle loro spalle un consenso politico dai partiti che compongono la maggioranza, anzi.
Lega e Cinque Stelle in questi giorni stanno facendo a gara nel mettere sul piatto nuove misure di spesa da inserire nella prossima legge di Bilancio, quella cioè dove dovrebbero essere fatti i tagli per riportare i conti in ordine. Ma loro stessi, Salvini e Di Maio, non sono d’accordo sulle priorità del Bilancio, perché ciascuno si limita a riproporre un proprio cavallo di battaglia e a mettere i bastoni tra le ruote al concorrente. La cosa che più li unisce è la volontà di sfidare l’Europa. Matteo Salvini, in visita negli Stati Uniti, ha avuto parole ancora una volta aspre nei confronti della Commissione, ha ribadito che l’Italia farà la flat tax e che «a Bruxelles se ne faranno una ragione», che «l’Italia non è la Grecia e non si accontenta più delle briciole», che «la linea di austerità dell’Europa ha solo portato povertà e precarietà e si deve abbandonarla prendendo a lezione la politica economica di Trump».
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