Il governo
regge alla spallata

Se verranno confermati i dati dei primi sondaggi, il voto regionale si appresta a premiare il Pd in Emilia-Romagna e il centrodestra in Calabria. Sparisce letteralmente il M5S che pure nelle elezioni politiche ed europee aveva risultati a due cifre. Insomma torna il tradizionale bipolarismo destra-sinistra. E questo risultato forse è più problematico per il governo di quanto sarebbe stato se la Lega avesse espugnato la ex roccaforte rossa. Più problematico perché, da una parte, il voto rafforza il Pd e la segreteria Zingaretti e di conseguenza Conte cui nessun avversario andrà a citofonare, usando le parole di Giorgia Meloni, per intimargli lo sfratto; dall’altra invece il crollo grillino sicuramente acuirà i mal di pancia interni ad un movimento che vede davanti a sé il rischio, anzi la certezza, della sparizione (che vuol dire per moltissimi deputati e senatori pentastellati il ritorno nell’ombra di una vita comune).

E questa turbolenza interna che diventa una vera bufera può investire Palazzo Chigi: quello che è, nonostante tutto, il partito di maggioranza relativa nel Parlamento eletto nel 2018, dovrebbe essere il sostegno del governo, e invece rischia di diventarne la forca. Senza magari che questo risponda ad una strategia, ma solo per effetto del panico che ormai scompagina le fila di ufficiali e sottufficiali stellati.

Se Bonaccini vince in Emilia Romagna, Matteo Salvini perde. La spallata che il leader della Lega voleva dare al governo, al Pd, al M5S mediante la vittoria a Bologna, non è riuscita. Ed è un peccato per lui che proviene da una serie ininterrotta di vittorie elettorali nelle regioni che sono andate al voto nell’ultimo anno e mezzo. Proprio la battaglia della vita sarebbe andata perduta. Tantopiù perché Salvini ha condotto questa campagna elettorale come un referendum su di lui e sulla sua possibilità di andare al governo mediante elezioni anticipate. Lui stesso ha usato la parola referendum non esitando ad oscurare la presenza della sua stessa candidata alla presidenza della Regione. E questo è il dato centrale, per la Lega. Non lo consola certo la vittoria in Calabria, dove peraltro la candidata è espressa da Forza Italia.

Se Salvini deve frenare la sua impazienza, è del tutto logico aspettarsi che il governo Conte, stante il crollo del M5S, diventerà un governo a trazione piddina e il consolato Zingaretti-Franceschini non può che rafforzarsi. In questa ipotesi è immaginabile che a scalpitare sarà Renzi, che tutto può accettare tranne che una resurrezione del suo ex partito.

Quanto alle Sardine, hanno sicuramente favorito Bonaccini e la «resistenza» della sinistra all’assalto leghista. Ora dichiarano che tornano nelle retrovie e danno appuntamento al prossimo raduno a Scampia. In ogni caso con loro Zingaretti dovrà fare i conti, probabilmente in vista di quel «partito nuovo» che si appresta a costruire.

Infine Mattarella: così stando le cose, la prospettiva delle elezioni anticipate decisamente si allontana per cui il Capo dello Stato non dovrebbe trovarsi in una situazione di grande difficoltà. Viceversa è immaginabile che alla data giusta in primavera andremo a votare per il referendum sulla riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. Da qui ad allora Pd e M5S cercheranno di portare a casa una legge elettorale che, ancora una volta, freni Salvini (il quale comunque può contare su percentuali elettorali imponenti).

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