L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 24 Dicembre 2025
Il Natale è «Buono» perché nasce il bene
LA RIFLESSIONE. Un film di guerra, ormai datato ma sempre emozionante, è intitolato «Joyeux Noel», che suona in italiano «Gioioso Natale»: l’augurio di assaporare la gioia del Natale.
Un augurio che non può essere lo schiaffo impudente alla sofferenza di molti e ai molti che soffrono, neppure il sarcasmo velenoso di chi non crede più a nulla; non vuol essere una parola di circostanza o l’espressione di una speranza affidata alla fortuna: si tratta piuttosto di condividere la meraviglia del Mistero del Natale, mistero come lo sbocciare di una vita che non può essere affidata al caso, mistero come l’inaudito annuncio natalizio di un Dio che diventa uomo per riscattare la nostra umanità con la sua.
Dalle nostre parti, il lavoro non manca, ma vi è lavoro e lavoro. Il lavoro «benedetto», ma anche il lavoro «maledetto»: il lavoro «forzato» di quelli che sono sfruttati, il lavoro «idolatrato» di quelli che vi sacrificano tutto e tutti; il lavoro «inutile» di quelli che non lo vedono riconosciuto. Tanto affannarsi si accompagna ad una diffusa stanchezza, insoddisfazione, lamento e rabbia che ricadono sulla vita, sulla famiglia, sulla vita sociale: una sensazione di vuoto, mai colmato.
C’è una spiegazione? Il Papa ci offre motivo per riflettere, ricordandoci semplicemente che noi non siamo macchine, ma abbiamo un cuore. Il cuore che nessuna macchina possiede, il cuore «inquieto» di cui Sant’Agostino dice: «Signore, ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te». L’amore di Dio è il tesoro che ogni cuore cerca, ma lo trova solo amando il prossimo. La gioia è frutto dell’amore donato da Dio nella persona di Gesù e si manifesta nella semplicità del «volerci un po’ di bene». La sofferenza, qualsiasi essa sia, mette alla prova la gioia di vivere: credere all’amore di Dio è attingere alla sorgente della gioia, vivere l’amore del prossimo è accendere la scintilla della gioia. E allora «serviamo la vita, serviamo la gioia, serviamo la gioia di vivere e sarà un “gioioso Natale”».
Buon Natale è ancora uno degli auguri più comuni, anche se esposto al rischio di non essere politicamente corretto: non si tratta di evocare buoni sentimenti che evaporano a sera, ma una speranza delicata e indiscutibile come un bambino che nasce. Il Buon Natale è buono non perché va tutto bene, ma perché celebriamo la nascita di colui che è il Bene, la radice del Bene: il suo nome è Gesù. Si conclude un anno speciale per i cristiani: l’anno del Giubileo, il giubileo della speranza. Si chiudono le «porte sante», ma non la porta della speranza, che è Lui. Attraverso Lui, il suo Vangelo e il suo dono, noi possiamo attraversare ogni giorno la porta della speranza. La speranza ha bisogno di fede: di fede in Dio e di fede nell’uomo, possibilmente unite. Non ci rassegniamo a sperare, ma scegliamo di sperare.
«In questo tempo parlare di speranza non è facile… La speranza è figlia della fede. Non nasce dall’ottimismo, ma dal credere che Dio non abbandona questa terra e che l’uomo può ancora scegliere il bene… La speranza prende la forma dei piccoli gesti, sono “semi del futuro”, sono opera dei “risorti di oggi” che hanno nel cuore il desiderio di vita per se e per tutti». (Cardinal Pizzaballa)
Gli auguri di Natale: «Gioioso Natale», «Buon Natale»… L’augurio più bello e più desiderato è quello degli angeli nella notte della nascita di Gesù a Betlemme: «Pace in terra agli uomini, amati dal Signore». Un «Santo Natale». Avvertiamo insinuarsi un’inquietudine che abita pensieri e parole, percepiamo il diffondersi del virus dell’impotenza, da lontano ci raggiungono canzoni di guerra. Scrive il Papa: Oggi, soprattutto gli scenari di guerra, presenti purtroppo in diverse regioni nel mondo, sembrano confermarci in uno stato di impotenza. Ma la globalizzazione dell’impotenza nasce da una menzogna, dal credere che questa storia è sempre andata così e non potrà cambiare. Il Vangelo, invece, ci dice che proprio negli sconvolgimenti della storia il Signore viene a salvarci.
Questo è l’augurio: «Egli viene a salvarci». Raccogliamo il compito che scaturisce da questo augurio. È il compito che il Papa affida ai cristiani in Italia: «Il Signore ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi!”, e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana… Auspico, allora, che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono…». La pace ha il respiro dell’eterno: mentre al male si grida «basta», alla pace si sussurra «per sempre». Buon Natale.
*Vescovo di Bergamo
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