Il Pd si salva su Roma, ma non basta a compattare

POLITICA INTERNA. Il Partito democratico è riuscito a votare unito in Parlamento contro l’ordine del giorno che i grillini avevano presentato per metterlo di fronte al dilemma: termovalorizzatore di Roma, sì o no?

La trappola escogitata da Giuseppe Conte per colpire la sua concorrente Elly Schlein, piazzandole una mina sotto i piedi, non ha funzionato. La segretaria ha rinunciato alla sua radicata e ripetuta convinzione (no assoluto all’«inceneritore»), ha dovuto accettare un compromesso verbale, e si è adeguata. Ha capito anche lei che non poteva andare contro la bandiera (l’unica, in verità) del sindaco piddino della Capitale, Gualtieri, senza terremotare un partito che già sembra un campo di Agramante.

Ma non è certo questo del termovalorizzatore romano l’unico compromesso che Schlein è costretta a fare. L’imbarazzante conferenza stampa di mercoledì lo ha dimostrato. Tanto per cominciare lei è da sempre favorevole all’utero in affitto ma – ha precisato - solo «personalmente», per il resto «è aperta al confronto». Lei, poi, è contraria ad abbattere l’orsa del Trentino, peccato che «la decisione spetti alle autorità preposte», non a lei, per fortuna sua. Lei, ancora, smetterebbe immediatamente di inviare armi all’Ucraina cui spedirebbe più volentieri le bandiere della pace ma, che ci vuoi fare?, le intese internazionali sono intese, «basta che non si aumenti ancora la spesa per la difesa».

Insomma, una serie di giravolte che puntano a non spaccare ancor di più il partito (gli iscritti come è noto non l’avevano scelta, lei è stata mandata su dai partecipanti esterni alle primarie) e a non offrire a Conte occasioni per riprendersi lo spazio che sta perdendo. Già, perché Schlein quando è apparsa sulla scena con la sua immagine di sinistra radicale, femminista, Lgbt, ambientalista totale, ha rosicchiato due o tre punti percentuali di voti al M5S facendo così gioire gli elettori di «sinistra-sinistra» che si erano allontanati dal Pd magari per votare Grillo e che hanno ritrovato la strada di casa. Ma ora che è al timone della barca e, non sapendo bene che rotta prendere, deve continuare a fare compromessi con il credo politico che ha sempre professato, il suo rischio maggiore è di scontentare proprio coloro che l’hanno elevata sino alla segreteria del partito.

Gli amori improvvisi e le delusioni repentine sono limitrofi, come è noto, e alla giovane attivista svizzero-bolognese potrebbe accadere proprio questo. Senza contare che proprio la linea di sinistra movimentista ha allontanato dirigenti ed elettori dell’ala centrista, moderata, liberal-democratica, peraltro doppiamente sfortunati: emarginati dal Pd speravano di trovare un tetto grazie al disastrato duo Renzi-Calenda ma adesso, esploso il Terzo Polo, si ritrovano bagnati sotto la pioggia. E infine la linea sinistra-sinistra ha allontanato molti cattolici del Pd, quelli provenienti dal Partito popolare, irritati con chi non sembra tenere in considerazione il patrimonio culturale e politico del cattolicesimo democratico che è stato fondamentale per la nascita a suo tempo della creatura di Walter Veltroni.

In conclusione questo girovagare di Elly può condurla a scontentare tutti, chi per un motivo chi per un altro: presto non basteranno, per compattare, i continui appelli contro il pericolo del fascismo risorgente o del «suprematismo bianco» e nemmeno gli attacchi al governo Meloni accusato di «scaricabarile». Dall’esterno Conte pensa a disseminare trappole lungo il cammino di Elly: non sempre funzionano, certo, ma non è detta l’ultima parola. Da qui alle elezioni europee del 2024 sarà un susseguirsi di trabocchetti. Vedremo come se la caverà Schlein.

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