Il rilancio dell’Italia
dagli aiuti per l’Europa
Forti di questa rinnovata convinzione nelle nostre potenzialità, non ci nascondiamo quanto impervio sarà il cammino per il recupero. Quest’anno il Prodotto interno lordo calerà fra il 9 e il 13%, un’entità gigantesca se comparata con i tassi di crescita allo «zero virgola» cui eravamo abituati negli ultimi tempi. Certo, è prevedibile che il rimbalzo del 2021 consentirà di rimontare almeno della metà, ma quello che ancora mancherà sarà tantissimo. Perché purtroppo non sono solo freddi indicatori economici, ma sono posti di lavoro, sono imprese e negozi che chiudono, sono giovani che dovranno interrompere gli studi (si stima che l’anno prossimo le immatricolazioni universitarie caleranno del 20%), sono anziani che dovranno rinunciare a curarsi, sono famiglie che non andranno a fare una meritata vacanza al mare o ai monti.
Ecco perché serve una reazione forte, convinta, possibilmente coesa. Il Governatore indica alcune strade che, se non hanno il pregio della novità, godono certamente dell’autorevolezza della fonte. Investire in innovazione, che non è solo digitalizzazione e comunicazione a distanza; investire nell’ambiente e nelle strutture pubbliche, sanitarie, educative, dei trasporti e delle telecomunicazioni; ammodernare la struttura statale, a partire dalla giustizia e dal necessario sfoltimento della burocrazia. E soprattutto investire in ciò che sta a monte dell’innovazione: le competenze delle persone che operano nel sistema produttivo e che alla fine sono i veri protagonisti dell’innovazione. Con l’obiettivo di conseguire un aumento dell’1% all’anno della produttività, incremento che a sua volta è la premessa della crescita economica e della sostenibilità del debito pubblico.
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