La città non distolga lo sguardo dagli ultimi

LE POVERTÀ. Li vediamo in stazione, in via Bonomelli, persino all’aeroporto. Li vediamo ma non li guardiamo, anzi spesso – ammettiamolo - istintivamente allunghiamo il passo. Le ragioni sono tante: sono diversi da noi, vogliamo evitare che ci chiedano una moneta, o abbiamo paura che possano farci del male.

A volte semplicemente li ignoriamo, perché non vogliamo specchiarci in quel «no» che siamo certi di opporre a qualunque sia la loro richiesta, un «no» che ci farebbe sentire un po’ più piccoli e meschini, certamente peggiori dell’idea che abbiamo di noi stessi. Eppure «loro» ci sono, anche a Bergamo, anche nell’anno scintillante della Capitale della Cultura, anche in mezzo alla frenesia dei nostri acquisti per il Natale: sono gli «ultimi» nel vero senso della parola, quelli senza casa, senza famiglia e con le tasche vuote. Senza niente.

Bergamo è una città che accoglie, lo è per tradizione ma lo è anche oggi, nei fatti. Sono stati accolti i profughi ucraini, in fuga dalla guerra. Viene accolta persino gente che viene da fuori città, dalla metropoli milanese ad esempio, sapendo che qui non troverà porte chiuse. Del resto, sulla strada il passaparola funziona meglio dei social network. Al dormitorio del Galgario, servizio «storico» di accoglienza in città, nel solo mese di novembre sono state ospitate nei posti aggiuntivi per il «piano freddo» 110 persone senza fissa dimora, a fronte delle 174 accolte in tutto l’arco dello scorso inverno: un aumento che preoccupa e deve far riflettere. I servizi di accoglienza nel tempo sono cresciuti: sono nati spazi diurni, come il Punto sosta, che offre un luogo in cui trovare ristoro, operatori con cui parlare e alcune attività da svolgere ogni pomeriggio, da lunedì al venerdì. Anche in questo caso si registra un aumento delle presenze, che passano dalle 373 persone del 2022 alle 465 del 2023; così anche per lo Spazio femminile Irene, aperto a tutte le donne il lunedì mattina con il pranzo condiviso al Galgario: nel 2022 era frequentato da 9 donne, diventate 30 nel 2023. Sono luoghi che restituiscono un po’ di dignità a chi, sotto il peso delle fatiche, ha ormai solo quella da difendere.

L’impegno di Caritas diocesana, in primis, del volontariato e delle istituzioni c’è, quindi. Ma ancora non basta. Serve un gesto, piccolo e rivoluzionario, da ciascuno: non voltiamoci dall’altra parte. Il nemico più subdolo di una comunità infatti è l’indifferenza. Don Roberto Trussardi, direttore della Caritas Bergamasca, sintetizza bene: «In questo anno della Cultura che ha unito le città di Bergamo e Brescia, vediamo una tendenza comune. In questa occasione così importante per i nostri territori, che ha portato attenzione ed iniziative a cui va un plauso, colpisce che tante risorse purtroppo non riescano a portare benefici a chi è povero. Tanta ricchezza di idee, progetti, anche fondi, non incide sulla vita di chi è ai margini. Anzi, qualcuno ha peggiorato la propria condizione. Chi è povero è sempre più povero. E i benefici per la città non sono per tutti».

Dopo il buio del Covid, nell’anno della Capitale della Cultura Bergamo ha vissuto quello che il sociologo Francesco Alberoni avrebbe definito uno «Stato Nascente», cioè un’esperienza collettiva di «spinta» verso l’alto che ci ha portato a sentirci più forti, più al centro del mondo, e a raggiungere risultati insperati, come i record registrati in ambito turistico. In questa corsa ricordiamoci però di chi è rimasto indietro o ai margini. Lo stesso Gesù non trovò posto «in quell’albergo» e nacque in una mangiatoia, ultimo tra gli ultimi. È il messaggio, rivoluzionario, del suo Natale. Diventi un po’ anche il nostro.

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