La crisi energetica tra emergenza e continuità

L’ultima iniziativa ufficiale del Governo Draghi è stata il Consiglio dei capi di Stato e di governo di giovedì e venerdì scorso, a Bruxelles, sull’energia. La prima iniziativa ufficiale del nuovo Governo Meloni è un altro Consiglio, che si terrà oggi a Lussemburgo stavolta tra i ministri competenti, sempre sull’energia.

È questa l’immagine plastica di come la realtà economica internazionale imponga un certo tasso di continuità tra i due esecutivi del nostro Paese, al di là di retroscena fantasiosi e ricostruzioni immaginifiche. La crisi energetica rimane infatti l’urgenza prioritaria per le famiglie e le imprese di tutto il nostro continente, anche se le quotazioni del metano da qualche settimana sono in netto calo.

Ieri ancora notizie positive dalla Borsa di Amsterdam, dall’ormai famoso indice TTF dal quale dipende in qualche modo anche l’andamento delle nostre bollette. Il prezzo del gas è sceso sotto i 100 euro/megawattora, come non accadeva da giugno. Per fare un confronto, eravamo arrivati a picchi di quasi 350 euro/megawattora a fine agosto, quando l’azienda di Stato russa Gazprom aveva fatto sapere che avrebbe interrotto le forniture alla Germania attraverso il gasdotto Nordstream. Sul robusto calo delle ultime settimane hanno influito vari fattori. Secondo alcuni osservatori, i mercati vedono di buon occhio un approccio finalmente più coeso alla politica energetica al livello dei leader europei.

Da una parte l’avvio di un processo che potrebbe portare al cosiddetto «price cap», o «tetto al prezzo» fortemente voluto dal nostro esecutivo, dall’altra parte i passi concreti verso acquisti comuni di idrocarburi da parte dei nostri Paesi. Di certo sul prezzo influisce la situazione degli stoccaggi di gas che, in tutta Europa, sono più colmi del previsto, garantendo così un paracadute di sicurezza in vista delle prossime settimane. Allo stesso tempo, è indubbio che ci troviamo in una congiuntura favorevole, in cui la domanda di gas è più contenuta del consueto, un po’ perché le bollette salate delle scorse settimane hanno spinto famiglie e imprese a risparmiare (purtroppo con effetti depressivi sulla crescita che già stiamo registrando), un po’ perché le temperature miti di questo autunno hanno consentito a milioni di Italiani di spegnere i condizionatori senza accendere finora i termosifoni. Emergenza finita, dunque? Tutt’altro.

Il contesto energetico in cui ci muoviamo come Europei infatti non è tornato, e non tornerà a essere nel breve periodo, quello cui eravamo abituati. Le quotazioni alla Borsa di Amsterdam, innanzitutto, sono comunque molto più elevate – almeno triplicate – rispetto a un anno fa. Inoltre la sostituzione delle importazioni di gas russo, per quanto da perseguire con risolutezza, non sarà un processo semplice o indolore. Nel brevissimo periodo, è utile ricordare che sono sufficienti temperature di poco più rigide per far lievitare i consumi di gas, creando di nuovo tensione sulla domanda e spingendo all’insù le quotazioni che sono alla base dei futuri contratti di fornitura. Soprattutto, poi, ci attende una primavera particolarmente delicata sul fronte degli approvvigionamenti. Dopo marzo dovremo tornare a riempire gli stoccaggi, ma stavolta lo faremo con flussi di gas dalla Russia azzerati o quasi. Non è finita qui. Se il prossimo anno la Cina, come è plausibile, tornerà a crescere a ritmi «cinesi», lasciandosi alle spalle il rallentamento indotto dalle chiusure e dalle politiche zero-Covid, ecco che la «fabbrica del mondo» avrà di nuovo una enorme sete di energia. A quel punto le navi piene di gas naturale liquefatto (gnl) diventeranno molto più contese sul mercato globale, costituendo verosimilmente un altro fattore che spingerà i prezzi verso l’alto.

In definitiva, non è il momento di cullarsi sugli allori. Meglio adoperarsi, da subito, per raggiungere quella «sicurezza energetica» che dà (correttamente) il nome al nuovo Ministero, «dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica» appunto. Come? Attraverso un lavoro certosino che abbia l’obiettivo di diversificare il più possibile l’origine dei nostri approvvigionamenti energetici e allo stesso tempo di rafforzare tutte le infrastrutture - dagli stoccaggi agli impianti di rigassificazione - per gestire i nuovi flussi di energia.

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