La guerra fredda non è pace vera

È già pronta la piazza per la pace e non c’è bisogno di aspettare il 5 novembre per la manifestazione variamente variopinta già prenotata dall’esordiente «avvocato del pacifismo».

È lo spazio dentro e davanti il Colosseo, luoghi di immane sofferenza, simbolo della violenza di un impero sulle minoranze dell’epoca, quei cristiani che davano fastidio perché andavano in giro parlando di fratellanza, l’esatto contrario di una pax imposta in punta di lancia con successive libertà marginali e residue. Oggi Putin con l’ideologia del «russkij mir», la pax russa, esattamente come ieri Bush padre e figlio con quella della pax americana, non fa altro che riproporre la follia dei tempi del Colosseo.

Così domani pomeriggio l’atto finale del meeting per la pace e la fratellanza dei popoli e delle religioni che la Comunità di sant’Egidio cocciutamente si ostina ad organizzare da 36 anni, potrebbe diventare la vera unica decisiva manifestazione per la pace al tempo della guerra, dove dimostrare di averne abbastanza di quelli che attaccano duro e «dei realisti, degli spaventanti e degli aggressivi», secondo le parole di Andrea Riccardi ieri in apertura del Meeting con il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e con quello francese Emanuel Macron. Al Colosseo domani ci sarà l’unico uomo che ha parlato chiaro dal 24 febbraio ad oggi, non «equidistante», ma «equivicino» a tutti. Bergoglio ha chiesto sempre di guardare oltre, di avere visioni più ampie.

Lo accusano di essere ambiguo, ma chi lo fa mente perché nessuno altro ha usato aggettivi rigorosi e implacabili sulla guerra in Ucraina: «Aggressione inaccettabile, ripugnante, insensata, barbara e sacrilega». Ha chiesto di negoziare, di cessare il fuoco come punto di inizio e non di arrivo, come vuole lo zar e lo ha fatto declinando sempre le responsabilità che sono necessariamente diverse tra i protagonisti della tragedia con una classifica precisa che vede in cima Putin, poi le grandi potenze, poi Zelensky. Sulla querelle armi sì o armi no all’Ucraina la chiarezza della Santa Sede è adamantina, ma del tutto ignorata, consegnata dal Segretario di Stato il card. Pietro Parolin in un’intervista a Limes: «Non mi pare corretto chiedere all’aggredito di rinunciare alle armi e non chiederlo prima ancora a chi lo sta aggredendo». Al contrario delle piattaforme pacifiste che pasticciano su chiedere la pace o chiedere la resa. Sugli armamenti ha fatto chiarezza solo il Papa smascherando una falsa premessa: non è la guerra a generare la corsa agli armamenti, ma il contrario.

L’ «avvocato del pacifismo» oggi si getta contro la spesa militare immemore che i suoi due governi l’ hanno aumentata a due cifre, cosa mai vista nella storia della repubblica italiana. Sul realismo politico ieri hanno insistito sia Mattarella che Macron. Ma sempre avvertendo che occorrono visioni più ampie, coraggio e pazienza. Il presidente francese non ha usato giri di parole sul fatto che la pace possibile «sarà quella che decideranno gli ucraini e quando lo decideranno». Ciò non significa che ci si debba astenere dall’aiutare gli ucraini a rintracciare tutte alternative possibili e a trovare le energie necessarie. Una pace che concede a Putin ciò che si è preso e infila diritta l’Ucraina nel perimetro del modello balcanico, una pace senza giustizia, modellata su una pulizia etnica intrisa di sangue, insomma un pessimo esempio per crisi future. Dalla parte giusta invece ci si mette solo quando si ha il coraggio di rifiutare letture scontate del presente, comprese quelle che invitano intanto a congelare tutto, riproponendo il modello della guerra fredda.

Oggi sarebbe una pace non sostenibile, stanca e rassegnata, una pace pericolosa, frutto dell’equilibrio di egemonie più insidiose di quelle della cortina di ferro. Macron ieri ha detto che la pace può essere «impura», frutto di «squilibri», ma dove sia possibile «la coesistenza dell’altro con me». Reagan e Gorbaciov nel 1985 accettarono la sfida quando decisero di mostrarsi insieme sulla riva del lago di Ginevra mettendo fine alla guerra fredda. Oggi quello spirito lo indica solo Francesco che sarà in piazza per la pace, al Colosseo domani e che ieri ha pregato per la pace e l’unità dell’Italia.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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