La maturità ha quasi un secolo e si vede

Domani, alle ore otto, scatta l’inizio dell’esame di maturità targato anno 2022. C’è, si spera, il presidente designato, la commissione esaminatrice, l’appello dei candidati poi la dettatura delle tracce d’italiano proposte dal ministero. Ai pali di partenza, circa mezzo milione di giovani trepidanti. Una messa in scena che si ripete da novantanove anni, da quando il ministro Giovanni Gentile la codificò nel lontano 1923. Il tempo non le ha giovato, specie ultimamente con riassetti ministeriali continuativi, indici della crescente criticità dell’impianto.

Quest’anno sembra che l’attenzione si sia concentrata sulla difesa dal Coronavirus: mascherine sì, mascherine no, a preservazione di una verifica di Stato volta all’inanità. Già in partenza, infatti, si può scommettere sulla quasi totalità delle promozioni, in continua lievitazione, comprese le votazioni finali in centesimi, esse pure costantemente in rialzo, con abbondanza di lodi.

Promuovere tutti è come non promuovere nessuno perché non cambia nulla e la meritocrazia, un termine ormai desueto, ne esce mortificata. Le prove Invalsi danno ben altri indici di apprendimento. Succede laddove potrebbe bastare un normale consiglio di classe con i docenti d’istituto, in presa diretta con i loro studenti. Oltre tutto, si avrebbe un notevole risparmio di denaro pubblico in tempi di strisciante crisi finanziaria. Un esame, quello di maturità, che ben poco significa anche in prospettiva: non offre al maturato alcun supporto valutativo di merito in rapporto al suo futuro.

Oltre i rami secchi e i binari morti, la scuola italiana soffre di problematiche acute che vanno aggrovigliandosi pericolosamente. Esempi significativi si trovano sia a monte come al seguito della maturità. Anche recentemente il presidente della Repubblica è ritornato con accenti preoccupati sul problema dell’evasione e dell’abbandono scolastico che pone l’Italia agli ultimi posti nella realtà educante europea. È innanzitutto un problema di ordine sociale: le maggiori diserzioni scolastiche avvengono nelle categorie nazionali più povere e descolarizzate. Primeggiano ovviamente le regioni del Sud.

Ma è anche un debito morale perché la copiosa gioventù sprovvista di diploma, è esposta ad ogni genere di vessazioni e ricatti, dalla disoccupazione endemica alle devianze varie, che si ripercuotono penosamente anche sulle rispettive famiglie, dalla droga all’alcol, alla ludopatia. Per tacere di molto altro, caporalato compreso. Oltre la maturità poi, il vero problema esistenziale dei giovani, è quello delle scelte professionali, a fronte delle quali sono lasciati completamente soli. Per cui non sempre l’utile si coniuga al dilettevole e si vanno determinando nel pubblico, vuoti e/o realtà paradossali.

Le proiezioni dei futurologi, ma non solo, prevedono che in Italia, a breve, mancheranno più di centomila laureati. Cifre da capogiro. La carenza acuta dei medici di base ne è inequivocabile anticipazione. In ambito giovanile, sul fronte nazionale, qualcosa di importante non sta funzionando, né l’esame di maturità, vistosamente sulla scena mediatica in questi giorni, pare antidoto di qualche efficacia.

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