La nuova fase
vero banco di prova

Dunque ci siamo. Domani scatta una nuova fase che ci riporta a una parvenza di vita normale, dopo i due mesi costretti in casa, il «lockdown» che dal punto di vista medico ha avuto successo, abbattendo il numero dei contagi e dei decessi rispetto ai giorni più tragici dell’emergenza coronavirus. Una parvenza perché continueremo a convivere con il Covid, mentre non sappiamo cosa accadrà nel prossimo autunno, se la pandemia si risveglierà o resterà sotto controllo. Molto dipenderà anche da noi, dai nostri comportamenti, dal rispetto delle regole imposte da chi ci governa, pure quando ci sembrano discutibili. E poi ovviamente dalla sanità pubblica, che andrà corretta nei suoi punti di debolezza evidenziati in questi mesi.

Dal decreto Rilancio è sparito il premio fino a mille euro per tutti gli operatori sanitari, medici, infermieri, tecnici, in prima linea contro il coronavirus (ma non li avevamo chiamati eroi?). La norma puntava ad aumentare i fondi della contrattazione integrativa per riconoscere questa indennità al personale sanitario. Pare che a frenare siano state anche le Regioni che in alcuni casi autonomamente hanno già previsto un premio. Il decreto però non affronta nemmeno il nodo dello scudo penale e civile per il personale sanitario, per difenderlo da eventuali cause durante l’emergenza (esclusi i manager e i dirigenti della Sanità). La norma sarebbe stata rimandata a un successivo provvedimento. Il governo ha invece stanziato circa 1,25 miliardi per potenziare le cure a casa per i pazienti Covid e non Covid e 1,5 miliardi per stabilizzare i posti letto per l’emergenza: 3.500 in terapia intensiva, 4.200 in sub intensiva e altri 300 in strutture «movimentabili».

L’apertura di una nuova fase è un fatto positivo (questa poi prevede il ritorno delle Messe aperte ai fedeli, tanto attese dalle comunità), non solo perché riprendono vita attività rimaste chiuse a lungo con ricadute pesanti sull’occupazione, ma anche perché è il termometro dell’andamento della pandemia: finito il «lockdown» totale, l’indice di diffusione del virus resta basso, ma sommando i casi in attesa di tampone (molti in Lombardia) potrebbe avvicinarsi alla soglia critica. Anche se il monitoraggio del ministero della Salute ha definito comunque moderato il rischio di aumento dei contagi nella nostra regione. Ma dovranno continuare a valere le regole di responsabilità personale riassumibili in due parole: cautela e distanza. Tanto più che a riaprire domani saranno alcuni luoghi della socialità: bar e ristoranti in particolare (dove il «distanziamento sociale» richiesto tra clienti è di un metro), oltre a centri commerciali e altre tipologie di negozi, come i parrucchieri, con la nuova regola dell’acceso solo su prenotazione.

E si potrà andare in visita agli amici. Ma di nuove regole vivremo chissà per quanto. Quelle sulla fase che si apre domani sono state concordate da Stato e Regioni, due istituzioni che in questi mesi hanno spesso avuto frizioni ed emesso decreti discordanti in alcuni punti. Anche queste difficoltà di rapporti dovranno essere al centro di una riflessione. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato a sorpresa un’accelerata delle riaperture: dal 25 maggio toccherà a palestre e piscine, dal 15 giugno a cinema e teatri.

Per i trasferimenti all’interno della regione da domani non sarà più necessario il modulo da compilare. Il 3 giugno invece riapriranno le frontiere con i Paesi dell’area Schengen e i popoli europei torneranno a incontrarsi. Ma la fase che si apre domani dirà anche, nel tempo, quante persone hanno perso il lavoro in alcuni settori. Le nuove regole infatti centellinano l’ingresso della clientela e il volume di affare potrebbe subire gravi contraccolpi. L’emergenza coronavirus non è finita.

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