La partita europea
Italia, passi avanti

Giuseppe Conte esce dal Consiglio Europeo con più risultati di quanto probabilmente egli stesso si aspettava dopo che la scorsa settimana i ministri dell’Economia della zona euro si sono quasi impantanati nelle trattative preparatorie. L’obiettivo principale del presidente del Consiglio è infatti quasi a portata di mano: il Fondo per la ripresa proposto dalla Francia e sostenuto dall’Italia e dalla Spagna non è ancora una realtà, e su di esso non c’è l’accordo definitivo sul «quanto» e sul «quando», però i leader hanno convenuto che si può fare, e anche abbastanza in fretta e che si baserà sul bilancio comunitario che per questa ragione dovrà aumentare. Ora tocca alla Commissione fare una proposta concreta in pochi giorni.

Il 4 maggio Ursula von der Leyen dovrà mettere nero su bianco il meccanismo con cui questo Fondo dovrà funzionare, con quanti soldi (1.500 miliardi è la proposta del Paesi del Sud) e soprattutto se potrà solo prestare fondi ai Paesi più colpiti dal Covid o se invece potrà sovvenzionarli con risorse a fondo perduto. Si capisce immediatamente quale sia l’ostacolo principale alla seconda opzione: i soliti olandesi sono contrarissimi mentre i tedeschi probabilmente chiuderanno la partita mettendo in equilibrio le due opzioni e prevedendo una sorveglianza comunitaria per chi riceverà i soldi.

Non hanno torto Conte, Gentiloni e Sassoli a dire che solo fino a qualche tempo fa sarebbe stato assolutamente impensabile lavorare ad una emissione comune di titoli di debito. Del resto anche la sospensione del Patto di stabilità o l’ammissione degli aiuti di Stato erano oltre ogni speranza: ma stiamo parlando di un’epoca che non c’è più e di un’Europa dell’austerità stravolta dalla pandemia nonostante le resistenze dei Paesi meno solidali. Naturalmente tutti gli altri strumenti già messi in campo restano: il piano per la cassa integrazione, i fondi per gli investimenti della Bei e il Mes con la sua linea di credito a tasso zero per sostenere le spese sanitarie dirette e indirette. Senza dimenticare naturalmente il contributo più efficace di tutti, quello della Bce che ora si è anche attrezzata per acquistare anche i titoli che dovessero ricevere un rating negativo (e questa è una misura tutta per l’Italia, anche se non lo si dice).

Dunque, il Mes. Come si sa intorno al Fondo salva Stati in Italia c’è un dibattito molto ideologico che potrebbe avere esiti dirompenti per la maggioranza: il governo non avrebbe la maggioranza se dovesse decidere di richiedere i 36-37 miliardi di prestiti che il Mes potrebbe erogare. Non solo: i 5 Stelle si spaccherebbero in due fazioni l’una contro l’altra, e questo potrebbe voler dire la crisi di governo nel momento peggiore. Con il progetto di Recovery Fund tutto ciò non dovrebbe accadere a meno che i tempi delle trattative non si dilatino e l’operazione vada in stallo. In quel caso Conte ha chiesto una sorta di prestito-ponte: e qui potrebbe tornare in campo proprio il Mes con i suoi soldi pronta cassa, in quel caso però difficilmente i grillini protesterebbero.

Insomma il governo e la maggioranza sembra che stiano uscendo abbastanza indenni dalla difficile partita europea, potendo presentarsi in patria con la stessa soddisfazione mostrata ieri sera da Conte davanti alle telecamere al termine del vertice con i suoi colleghi. Ora sarà facilitato lo stesso varo del decreto «Aprile» che ha dovuto rallentare il passo proprio in attesa che la trattativa di Bruxelles arrivasse ad un risultato: stiamo parlando di un provvedimento da oltre 50 miliardi che porterà al 10% sul Pil il nostro deficit e all’astronomica quota del 155% il debito pubblico. Cifre che, da una parte, sono la nostra debolezza e, dall’altra, la nostra forza perché l’Italia come è noto, è «troppo grande per fallire» (e lo sanno persino gli olandesi).

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