La politica fuori
dalle banche

Il testo di legge che istituisce la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, approvato dalla Camera il 26 febbraio scorso, è stato firmato dal presidente Mattarella che, contemporaneamente, con una lettera ha chiesto ai Presidenti dei due rami del Parlamento di «vigilare» sull’attività della Commissione. Al nostro Presidente preoccupa evidentemente il fatto che fra le prerogative della Commissione sia stato previsto anche il compito di «analizzare la gestione degli enti creditizi e delle imprese di investimento». Al riguardo Mattarella ha scritto: «Queste indicazioni così ampie e generali, non devono poter sfociare in un controllo sull’attività creditizia.

L’eventualità che soggetti, partecipi dell’alta funzione parlamentare ma pur sempre portatori di interessi politici possano, anche involontariamente, condizionare, direttamente o indirettamente, le banche nell’esercizio del credito, si colloca decisamente al di fuori dei criteri che ispirano le norme della Costituzione». Ha, inoltre, ricordato che «né la Banca d’Italia né, tantomeno, la Bce possono sollecitare o accettare istruzioni dai governi».

La ferma posizione del Presidente è giunta dopo che autorevoli esponenti della maggioranza di governo avevano accusato il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco di non aver saputo vigilare adeguatamente negli ultimi anni su alcune banche. C’è anche chi per la crisi del Monte dei Paschi di Siena ha chiamato in causa Mario Draghi, al tempo Governatore di Bankitalia. La tesi che, più o meno esplicitamente, si è voluta far passare mediaticamente sottotraccia da chi ci governa è che tutti gli organi di Vigilanza sarebbe meglio sottostessero ai controlli della politica.

Proprio questa posizione ha suscitato l’allarme del Presidente Mattarella, che non ha certo dimenticato le drammatiche vicende che il 24 marzo del 1979 interessarono Paolo Baffi, Governatore di Bankitalia, e Mario Sarcinelli, responsabile della Vigilanza. I magistrati della Procura di Roma, allora considerata un «porto delle nebbie» per le frequenti commistioni con ambienti politici, approfittarono della presenza di Baffi nel consiglio di amministrazione dell’Imi per costruire un castello di accuse pretestuose e grottesche in relazione al naufragio della Sir di Rovelli finanziato dall’Ente. A Paolo Baffi, data l’età superiore ai settant’anni, venne ritirato il passaporto, mentre Mario Sarcinelli patì il carcere per alcuni giorni. La rettitudine di entrambi li portò alle naturali dimissioni dai rispettivi incarichi e il Paese perse così due grandi risorse. Proprio in quei giorni, infatti, Baffi era impegnato nelle complesse trattative legate all’ingresso dell’Italia nel Sistema Monetario Europeo, che condusse magistralmente convincendo Helmut Schmidt e Giscard D’Estaing, dai quali era molto stimato, a concedere all’Italia la banda di oscillazione «larga» al 6% che avrebbe favorito le esportazioni. Sarcinelli, da parte sua, si stava occupando d’importanti interventi di vigilanza che colpivano interessi del mondo della politica. Aveva fatto decadere il cda di Italcasse, il più importante istituto di credito dominato dalla Dc; aveva ordinato un’approfondita verifica sui conti del Banco Ambrosiano guidato da Guido Calvi. Si era opposto, nonostante gli interventi di Franco Evangelisti vicinissimo ad Andreotti, ai piani di salvataggio delle banche di Sindona che furono commissariate ed ebbero come liquidatore il compianto Giorgio Ambrosoli. Fortunatamente, in quella circostanza la parte migliore del Paese fu vicina a Bankitalia. Il 2 aprile 1979 centocinquanta economisti italiani - capitanati da Steve, Caffè, Lombardini, Prodi, Andreatta, Spaventa, Monti, Tarantelli e Reviglio - firmarono un’appassionata dichiarazione a favore di Baffi e Sarcinelli che, com’era ampiamente prevedibile, l’11 giugno 1981 furono prosciolti da ogni accusa. Al momento di lasciare il proprio incarico, il Sostituto procuratore della Cassazione Cesare d’Anna scrisse: «Mi sia permesso di chiudere la mia carriera con un atto di umiltà: a nome di quella giustizia italiana che non ho mai tradito, intendo chiedere solennemente perdono ai professori Baffi e Sarcinelli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA