La ricchezza
non per tutti
schiaccia
la speranza

È l’epitaffio della speranza. È la conferma drammatica che i guadagni della globalizzazione non saranno equamente distribuiti. La mappa aggiornata del mondo diseguale è stata fornita ieri da una delle più grandi e autorevoli Ong mondiali, l’inglese Oxfam, mentre si apre la tradizionale riunione, virtuale per via della pandemia, del Forum di Davos, il salotto sulle Alpi svizzere da dove i ricchi guardano, decifrano, interpretano e promettono un cambiamento che mai avverrà. D’altronde perché dovrebbero farlo se il loro patrimonio continua ad aumentare proprio nel bel mezzo della crisi più grave del secolo? Perché dovrebbero mantenere la promessa se l’accresciuta insicurezza mondiale li premia gonfiando i loro portafogli? La pandemia ha fatto schizzare alle stelle il patrimonio di un pugno di persone in tutto il mondo, con una crescita netta di mille miliardi di dollari solo nell’ultimo anno.

In cima alla classifica c’è il signor Elon Musk di Tesla che ora in banca ha 273 miliardi di dollari (più 75 per cento) staccando il superboss di Amazon, che si deve accontentare di (soli) 194 miliardi. Sono numeri strabilianti. Volete un paragone? Valgono come il costo della vaccinazione per l’intera popolazione mondiale: due dosi e richiamo. Il paradosso è che per loro i soldi ci sono, ma mancano per la vaccinazione per tutti.

La progressione è fantastica. Ogni secondo il patrimonio dei 2.600 super-ricchi considerati da Ofxam cresce di 15 mila dollari, mentre sul lato opposto finiscono in povertà milioni di persone. Una spiegazione c’è ed è la conferma dei guasti prodotti dalle politiche mondiali in tempo di pandemia e dalla mancata protezione dei ceti più poveri.

Le politiche finanziarie e gli interventi delle banche centrali hanno favorito chi è già benestante, cioè chi possiede partecipazioni azionarie. Si tratta solo dell’1 per cento della popolazione mondiale, «l’oligarchia dei migliori».

La pandemia ha aggravato le concentrazioni patrimoniali, aumentando la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Ma questa è solo una delle diseguaglianze. Tra le altre, una delle più vergognose è la distribuzione del reddito da lavoro, in pratica l’ammontare degli stipendi. A livello globale, alle donne è andato il 35 per cento, mentre il resto è finito nelle tasche degli uomini. La parità insomma non esiste e la diseguaglianza in questo caso sfiora il concetto di discriminazione.

La pandemia ha accelerato tutti i processi poco virtuosi, allungando la classifica dei nuovi ricchi con un miliardario in più ogni 26 ore, da marzo 2020 a novembre 2021. I dati di Oxfam provocheranno qualche indignazione passeggera, esattamente come le parole che Papa Francesco va ripetendo dall’inizio della crisi. Ma non scalfiranno i cuori di nessuno. La classe dei benestanti sta quasi sempre zitta perché gode, chi più e chi meno, delle rendite finanziarie e immobiliari speculative.

Gli altri, i poveri, quelli che subiscono gli effetti delle drammatiche successioni delle crisi, ultima la pandemia, di solito non hanno voce e oggi ne hanno ancor meno e stanno zitti per statuto imposto. Il risultato sarà nei prossimi anni un aumento della ricchezza di pochissimi e della povertà per moltissimi.

La pandemia ha ampliato il senso di fragilità delle società a qualunque latitudine e ha sviluppato nelle persone il senso di distanza, non solo fisico, tra chi ha e chi non ha o ha meno, meno spazi, meno mezzi, meno luoghi per proteggersi e probabilmente nel post-pandemia meno conoscenze. Maggior fragilità significa perdita di fiducia e moltiplicarsi del rancore, che sulla mappa della diseguaglianza mondiale è l’elemento più rischioso, da cui nessun vaccino è in grado di proteggerci.

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