La ricerca tenace di una pace possibile

MONDO. L’inquietudine che ha nel cuore «tradisce» dai gesti e dall’eloquio un poco affannato, ma la lucidità di pensiero non ne risente, e pur in condizioni emotivamente difficili - vorrebbe essere là dove il popolo di cui è Pastore sta soffrendo - riesce a tenere una indimenticabile lezione sulla pace.

È così vero e autentico nel tratteggiare quel che c’è da fare, che, ascoltandolo, non si può fare a meno di riflettere che creando cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme, il Papa ha davvero messo la persona giusta al posto giusto, che forse Francesco ha pescato la tessera migliore da inserire nel complesso puzzle della pace in Medioriente.

L’obiettivo è chiaro: far ripartire un dialogo «impossibile» in un lembo di terra che con l’attribuzione della porpora (la prima volta a quelle latitudini) si è voluto scientemente togliere dall’isolamento in cui era finito, riportandolo al centro del mondo. Lì dove le tre grandi religioni monoteiste si incontrano e si scontrano. Lì dove, come scrive Éric-Emmanuel Schmitt ne «La sfida di Gerusalemme», Dio «ci intima a misurarci con il compito di fraternizzare tra ebrei, cristiani, musulmani o agnostici», concependo i tre monoteismi «come tre fratelli». Sulla pace, sull’imprescindibile valore della pace, il Pontefice non vuole cedere, correndo persino il rischio di apparire (come recentemente avvenuto per la guerra in Ucraina e le dichiarazioni sulla grande madre Russia) il «difensore» di questa o di quell’altra parte del conflitto. Un errore in cui cade solamente chi ha più a cuore la guerra della pace, chi ascolta solo le proprie ragioni e mai quelle dell’altro.

Ma a Bergoglio non importa, tira diritto, e con ostinata tenacia persegue il suo obiettivo alla ricerca di una pace possibile, che è sempre meglio di una «pace impossibile» o di una «non pace». Il neo cardinale ha colto subito la raffinatezza di pensiero di Bergoglio, perché ne condivide la «radice» e la sostanza (e non sembra essere questo il solo tema con cui il Patriarca di Gerusalemme si trova in ampia sintonia con il Papa «venuto dalla fine del mondo»). La visione di pace di Pizzaballa non è di quelle precostituite a tavolino, dettate dall’ideologia o dal «sentimento», ma è il frutto di chi, ogni giorno - da quasi trentacinque anni - si impegna per farla crescere, senza tuttavia cedere allo sconforto se la violenza, non soltanto quella della guerra, finisce con il falciare ciclicamente ogni germoglio che viene alla luce. Perché padre Pizzaballa sa benissimo che per camminare sul sentiero della pace non c’è altra alternativa possibile che continuare a dialogare tra persone, ma – soprattutto – tra religioni, perché il dialogo interreligioso - e su questo il Patriarca non sembra transigere - è l’unico vero antidoto alla guerra.

Quella fisica è solamente l’ultimo anello della catena della violenza, prima c’è quella verbale, di cui molti sembrano non accorgersi. Ma è la base del rispetto reciproco, condizione necessaria - purtroppo non sufficiente - per provare a camminare insieme. Se non si capisce questo, il cammino della pace non muoverà un passo. Capire le ragioni dell’altro - che non vuol dire condividerle - è il primo passo per capire in quale direzione andare. Bisogna saper accogliere le differenze, bisogna rispettarle così come bisogna essere rigorosi nel pretendere il rispetto delle proprie. Ma bisogna continuare a seminare con coloro che hanno una diretta relazione con il territorio - rabbini, imam, muftì -, capaci di innescare un cambiamento vero se la semina è davvero condivisa. Devi seminare sapendo che forse sarà un altro a raccogliere - avverte Pizzaballa -, ma devi seminare, altrimenti quello che verrà dopo di te non avrà nulla da raccogliere. E soprattutto si devono tenere vivi gli anticorpi della pace. Le cose accadono se tu vuoi farle accadere, «semplifica» il cardinale con un sano pragmatismo bergamasco (e «giovanneo»). La pace tra gli uomini - è la sintesi della «Pacem in Terris» di Giovanni XXIII - esige la verità come fondamento, la giustizia come regola, l’amore come motore, la libertà come clima. E Pizzaballa lo tocca con mano ogni giorno. Ecco perché dobbiamo «contaminare» la pace con la pace, anche durante la guerra. Vale a Gerusalemme, vale nel cuore dell’Europa, vale nel cuore di ciascuno di noi.

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