La sicurezza non deve
mai essere un optional

In una camera della rianimazione del Regina Margherita di Torino Eitan
si è risvegliato dal coma e ha trovato il sorriso e il viso amico della zia. La donna dovrà raccontare con parole serene, nascondendo lo strazio che porta nell’anima, che papà, mamma, i nonni e il fratellino sono saliti in cielo. Più difficile sarà spiegare un giorno a Eitan che la sua famiglia è stata vittima di un pugno di disgraziati che non hanno esitato a giocare sulla vita delle persone pur di racimolare qualche euro in più. Se le indagini dei carabinieri
e della magistratura saranno comprovate (ma ci sono già le prime ammissioni) il disastro della funivia del Mottarone, che ha provocato 14 vittime, è stato causato dalla rimozione dei freni di emergenza da parte dei gestori dell’impianto. Nei giorni precedenti la manutenzione non era riuscita a venire a capo di un problema legato alla loro entrata in funzione. La cabina si bloccava di colpo durante il tragitto da Stresa fino alla cima del Mottarone, da cui si ammira un panorama mozzafiato. Non se ne veniva a capo.

Dopo tanti mesi di inattività la teleferica rischiava di rimanere ferma ancora per giorni nonostante il governo avesse dato il via libera alle riaperture delle attività degli impianti di risalita. Ma dopo la pioggia è arrivato il sereno, le giornate sono belle e il cielo sembra di smalto, la domenica ci sono i turisti, le famiglie che vengono in gita e vogliono passare una giornata di relax. Non si può rinunciare a tutti quei clienti. E allora che si fa? Semplice, si disattivano i freni di emergenza. Tutta l’Italia ha potuto vedere il particolare quelle staffe rosse, che gli addetti chiamano «forchettoni» ancora attaccate alle ganasce dei freni, in mezzo alle lamiere contorte della cabina. Quei «forchettoni» bloccavano il sistema automatico di frenata in caso di accelerazione improvvisa del mezzo, lo stesso che esiste su tutti gli ascensori del mondo. E se si rompe il cavo di trazione e c’è bisogno di quel freno? Ma no che non si rompe, dai, com’è possibile, metti su quei «forchettoni» e riapriamo che siamo stati fermi fin troppo tempo. E invece il cavo di trazione si è rotto, ha schioccato come una frusta librandosi in aria con un rumore terrificante, mentre la cabina cominciava ad accelerare verso valle per la forza di gravità, fino a incontrare un pilone, sbalzare dalla canalina, cadere nel vuoto, rotolare sul crinale fino a terminare la corsa contro due tronchi d’albero. I testimoni hanno sentito un nuovo schianto, i corpi straziati, quattro famiglie distrutte.

Una strage dovuta all’avidità, all’indifferenza, al cinismo ammantato di sciatteria. Chi se ne frega della sicurezza? L’Italia non è forse il Paese che conta due morti per lavoro al giorno? La sicurezza è bella, sì, ma a parole, in fondo è un optional, non deve disturbare il fatturato. Tra l’altro la funivia del Mottarone ha i bilanci in ottimo stato, non c’era nemmeno tutta questa disperazione. C’era solo un impaccio da eliminare. Se il sistema dei freni di emergenza non funziona che si fa? Si leva, che problema c’è? Chi se ne frega se a rischiare sono i passeggeri, traditi nella loro fiducia, quelli che hanno staccato un biglietto da venti euro per vedere il panorama del Lago Maggiore, fidandosi di chi glielo ha venduto, senza sapere che gli stavano rifilando un biglietto per la morte. È l’Italia che considera la sicurezza una spesa inutile, perché tanto non succede, con il sottinteso freudiano che anche se succede non succede a me, una mentalità schifosa che non si riesce a cambiare. Tutto questo dovranno raccontare un giorno a Eitan, cinque anni, unico superstite della strage del Mottarone.

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