La svolta garantista dello scudo anti spread

Preannunciato dalla presidente della Bce Christine Lagarde, lo scudo anti spread è una misura straordinaria di acquisto di titoli di Stato dei Paesi membri, finalizzata a contrastare la speculazione e proteggere gli Stati che per il loro debito risultano maggiormente esposti alle speculazioni dei mercati.

Questo intervento è stato previsto per fare fronte all’attuale, delicata fase caratterizzata da un profondo cambiamento dello scenario economico per tutti i Paesi membri, dopo l’uscita dal Quantitative easing e la sequenza di un rialzo dei tassi in presenza di una crescente inflazione. Gli uffici tecnici della Banca centrale sono al lavoro per definirne dettagli e caratteristiche, con l’obiettivo di portarlo all’esame del Consiglio europeo del prossimo 21 luglio.

L’intendimento è che dopo l’approvazione del Consiglio possa diventare operativo successivamente alla riunione del 9 settembre. Intanto, è bastato l’annuncio di Lagarde, che pur non ha dato alcuna specifica indicazione delle caratteristiche dello scudo, per contenere alcune speculazioni che già erano iniziate con un significativo rialzo degli spread in alcuni Paesi, tra cui il nostro. L’aspetto principale sul quale la Lagarde si è soffermata è che allo scudo si farà ricorso ogni qualvolta «l’allargamento degli spread non sia giustificato dai fondamentali del Paese oggetto di speculazione». Tale affermazione ha dato adito a molte discussioni in ambiti accademici e istituzionali.

In particolare, in un recente convegno a Francoforte, il presidente della Banca Centrale tedesca Joachim Nagel si è mostrato decisamente scettico, giudicandolo una misura di politica monetaria «inusuale». Ha aggiunto che «è praticamente impossibile stabilire con certezza se un allargamento degli spread è giustificato dai fondamentali oppure no» e ha concluso affermando che l’utilizzo dello scudo anti-spread «può essere giustificato solo in circostanze eccezionali e all’interno di condizioni strettamente definite». Entrando più nello specifico, il presidente Nagel ha dichiarato che il Consiglio direttivo della Bce potrà decidere se attivare «temporaneamente» lo strumento «solo nel caso in cui si verificassero queste tre condizioni: l’allargamento degli spread è ingiustificato dai fondamentali; la trasmissione della politica monetaria è danneggiata; le due condizioni precedenti limitano la capacità dell’Eurosistema di mantenere la stabilità dei prezzi». La sua posizione parte sostanzialmente da due considerazioni. La prima è che la politica monetaria non può diventare uno strumento di finanziamento diretto e prolungato degli Stati. La seconda è che il mandato della Bce prevede il mantenimento di adeguati incentivi per politiche economiche e fiscali sostenibili e per la riduzione del debito pubblico nei singoli Stati. Del resto, la raccomandazione che Lagarde ha rivolto ai tecnici incaricati di elaborare nei dettagli lo scudo anti-spread è che «il nuovo strumento dovrà essere efficace, proporzionato e contenere sufficienti garanzie per preservare lo slancio degli stati membri verso una sana politica di bilancio». Questa raccomandazione è stata oggetto anche delle conclusioni delle ultime riunioni dell’Ecofin e dell’Eurogruppo che, in presenza del crescente e non certamente temporaneo aumento dell’inflazione, hanno invitato i Paesi membri «a una maggiore prudenza nelle politiche fiscali per una graduale riduzione del debito». Si tratta, evidentemente, di un invito indirizzato soprattutto ai Paesi più indebitati come il nostro che, anche in condizioni economiche difficili come quelle in essere, devono restare ancorati a una seria disciplina di bilancio che richiede, tra l’altro, controlli più rigorosi sulla spesa corrente.

Eppure, mentre in Europa si cerca di porre riparo ai rischi che il nostro Paese potrebbe correre per il suo elevato debito, in Parlamento ci sono forze che alimentano tali pericolosissimi scenari - come il crollo della Borsa e l’aumento dello spread hanno in questi giorni testimoniato - mettendo in estremo pericolo l’integrità istituzionale del governo presieduto da Mario Draghi. L’unico, ieri come oggi, in grado di affermare il ruolo e la credibilità dell’Italia in campo europeo e internazionale.

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