La terza via
di Mattarella

Dal contrappunto all’assolo. Nel discorso di fine d’anno il presidente della Repubblica, rivolgendosi agli italiani con la consueta pacatezza di toni, ha descritto alcuni perimetri attraverso i quali ha indicato la strada maestra da seguire, affinché il Paese non scivoli verso derive pericolose. Nella trama del breve ma denso intervento di Mattarella si leggono in filigrana richiami ai fondamenti di una democrazia che possa dirsi tale: il delicato rapporto tra legittimazione popolare (conquistata con il voto) e legittimità dei criteri del governare; lo stretto nesso tra diritti e doveri di ciascuno, a cominciare da chi ha maggiori responsabilità nella conduzione delle sorti del Paese; il raccordo ineludibile tra programmi e promesse, da un lato, e compatibilità delle scelte adottate, dall’altro.

Nel tracciato dell’intervento del capo dello Stato si trovano sintetizzate le dichiarazioni fatte ripetutamente, in questi ultimi mesi, nelle occasioni più disparate. Anche all’osservatore meno attento non sarà sfuggita la scelta di Mattarella di esprimere opinioni molto incisive senza intervenire mai direttamente sui provvedimenti e sulle dichiarazioni del governo. Un costante e paziente contrappunto, dal quale emergeva, di volta in volta, il monito, la presa di distanza, l’esortazione. Nel discorso di fine d’anno la medaglia è stata capovolta: un serrato e consequenziale ragionamento sui capisaldi della convivenza civile. Esemplare, in merito, il modo nel quale il presidente ha squarciato il velo del tema «sicurezza», mostrando quanto sia miope, e insieme rischioso, limitare la questione al solo concetto di «security», che ha come retroscena la paura del diverso, la sensazione di essere minacciati, l’opzione dell’autodifesa personale.

Una società è tanto più sicura – questo l’insegnamento che viene dalle parole dal capo dello Stato – quanto più riesce a garantire le condizioni di un’ordinata convivenza. Istruzione, lavoro dignitoso e giustamente remunerato, servizi pubblici efficienti, rispetto delle regole, onestà nei comportamenti, sono i presupposti di una democrazia nella quale la sicurezza è un diritto di libertà e non un fattore che comprime le libertà individuali. Naturalmente, una tale visione del nesso tra sicurezza e diritti fondamentali delinea alcuni criteri base nel governo delle contraddizioni e delle criticità presenti nelle società contemporanee. Criteri che implicano la ricerca costante della coesione sociale, attraverso scelte rivolte ad affrontare i problemi dei gruppi sociali più bisognosi, evitare con cura il rischio di far prevalere l’odio all’interno del tessuto civile, alimentando, all’opposto, un clima di collaborazione, di rispetto reciproco, di aiuto tra le persone. Soltanto una società solidale, questo il senso delle parole del capo dello Stato, potrà permettere al Paese di superare le attuali, indiscutibili, difficoltà e di procedere verso condizioni di maggiore equità sociale, restituendo alle giovani generazioni fondate speranze per il loro futuro.

Magistrale, sotto il profilo delle modalità comunicative, l’esordio del discorso. In tempi di social network, ha affermato Mattarella, il discorso a reti unificate può sembrare un rito polveroso e sorpassato. Senza demonizzare l’uso delle nuove forme di comunicazione il capo dello Stato ha sottolineato come la tradizione possa, al contrario, servire a tenere alta l’identità civile e morale di un Paese, scosso da eccessive spinte antisistema. La cifra comunicativa di Mattarella ha, non da oggi, creato una «terza via» rispetto ai due modelli tradizionali del ruolo del capo dello Stato: quello silente e notarile; quello di un interventismo potenzialmente foriero di scontri istituzionali. La strada indicata è: interpretare il ruolo di garante senza cedimenti e compromessi, evitando nel contempo di creare frizioni pericolose.

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