La vera grande opera
di questo Paese?
La manutenzione
Premessa, nessun dubbio sul fatto che l’Italia abbia bisogno di infrastrutture, ma forse la storia (e proprio quella più recente) dimostra che la grande opera più importante ha un nome: manutenzione. Inutile nascondersi dietro un dito, in questi ultimi anni abbiamo assistito ad una serie infinita di progetti faraonici, annunci roboanti e scadenze puntualmente disattese o quasi eterne. Restando nello stretto ambito dell’operosa Lombardia basterebbe fare solo un nome per chiudere subito la discussione, e probabilmente anche quest’articolo: Pedemontana. Beninteso, nessuna critica a chi in questi mesi sta cercando di riannodare i fili di un progetto senza tempo, solo il timore che si stia lavorando su un’opera inevitabilmente già vecchia e in un territorio ormai antropizzato. Come tante altre, e non per colpa degli ultimi arrivati, ma per l’inevitabile trascorrere del tempo, quello che fa invecchiare tutto: anche le buone intenzioni, figuriamoci i progetti.
Nel frattempo i ponti crollano e la viabilità provinciale va a pezzi. Due anni fa, nell’enfasi post Genova, le Province erano state invitate a stilare la lista degli interventi irrinunciabili di manutenzione. Da Bergamo ne era arrivata una con 26 ponti e 10 milioni di spesa. Ma se si allarga l’orizzonte al rischio frane gli interventi diventano 84 e i milioni 40. Vogliamo mettere nel mazzo i ponti in carico ai Comuni? Fanno 300 milioni: nella Bergamasca sono 1.693.

Curioso di tutto ed
esperto di niente. Classe 1968 (ohibò…), maturità tecnica e studi in
Giurisprudenza, lavora a L’Eco di Bergamo dal novembre 1997. Vicecaporedattore
dal 2014, è stato inviato e per tre anni ha guidato la redazione web. Scrive di
cronaca, politica, trasporti e Atalanta, della quale è tifosissimo. Ha da
sempre una passionaccia per il calcio inglese in tutte le sue forme e categorie,
una spiccata simpatia per il Manchester City e una fornitissima biblioteca,
anche di storie di calcio. Che prova a raccontare su Corner.
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