Lavoro e industria, l’Ue diventi competitiva

MONDO. La competitività di una singola azienda e di un intero settore industriale, da cui discende la capacità di generare ricchezza e lavoro per un’area specifica o tutto un Paese, non si misura in astratto ma in un contesto di riferimento - nazionale e, sempre più spesso, internazionale - che cambia continuamente.

Agli imprenditori non occorre ricordarlo, lo sperimentano ogni giorno sulla propria pelle. Tuttavia politici e regolatori, nazionali ed europei, dovrebbero sempre tenerlo presente quando legiferano e regolamentano, intervenendo sulle condizioni del fare impresa nel nostro continente (in rapporto, dunque, anche alle condizioni che si sperimentano altrove). Cosa è di degno di nota, quindi, nell’attuale contesto di riferimento mondiale? Per dare un’idea di alcune macro-tendenze basilari, prendiamo il comparto dei semiconduttori, chip fondamentali nei dispositivi elettronici di uso comune (dagli smartphone ai pc, passando per i motori elettrici) e che sono materia prima per le attuali evoluzioni dell’intelligenza artificiale. Lunedì scorso il Dipartimento per il Commercio degli Stati Uniti ha reso noto che concederà 6,4 miliardi di dollari di finanziamenti diretti alla sudcoreana Samsung per produrre semiconduttori in Texas.

Il maxi-sussidio consentirà all’azienda di quasi triplicare gli investimenti previsti nel Paese, passeranno da un valore di 17 miliardi di dollari a 45 miliardi, e contribuirà nello specifico alla costruzione di due mega fabbriche di chip a 2 nanometri, con 4.500 posti di lavoro attesi in questa manifattura avanzata (oltre ai 17mila lavoratori temporanei nella fase di costruzione). Questo finanziamento di Washington è il più imponente nel campo dei chip in rapporto all’investimento promesso, ma non l’unico del genere; segue un «grant» da 8,5 miliardi di dollari per l’americana Intel e da 6,6 miliardi per la taiwanese Tsmc, per citare gli ultimi casi. Sono i frutti del «Chips and science act» approvato nell’estate del 2022 con l’obiettivo di convincere un numero crescente di aziende ad aprire fabbriche di semiconduttori sul territorio degli Stati Uniti, così da ridurre progressivamente la propria dipendenza dall’estero (da Taiwan in primis, viste le tensioni geopolitiche attorno all’isola asiatica).

Nelle stesse ore in cui Samsung si aggiudicava l’ambito sostegno federale americano, dalla Cina trapelava l’intenzione del governo di spingere i propri operatori telefonici ad approvvigionarsi soltanto di microchip «made in China». Una mossa che arriva dopo che il ministero dell’Industria e delle Tecnologie informatiche di Pechino, a dicembre, aveva stabilito nuove regole per mettere al bando i processori americani da server e computer del settore pubblico. Stavolta gli interessati sarebbero operatori come China Mobile, China Unicom o China Telecom, i protagonisti di un mercato che - secondo i calcoli del quotidiano «Le Figaro» - rappresenta per aziende statunitensi come Intel e Amd rispettivamente quasi il 30% e il 15% dei ricavi totali.

Scelte industriali e commerciali simili creano un contesto internazionale sempre meno «favorevole», in cui l’Europa - ha detto ieri Mario Draghi annunciando le linee guida del suo rapporto sulla competitività - è stata «colta di sorpresa». Negli ultimi anni, quando abbiamo ragionato di «competitività» della nostra industria, «ci siamo rivolti verso l’interno - ha detto l’ex presidente del Consiglio e già presidente della Banca centrale europea - vedendo noi stessi come concorrenti, anche in settori come la difesa e l’energia dove abbiamo profondi interessi comuni. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato abbastanza verso l’esterno: con una bilancia commerciale in fin dei conti positiva, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla nostra competitività esterna come una questione di policy seria». Da qui l’auspicio di un «cambiamento radicale» per arrivare, sempre citando Draghi, a «un’Unione europea che sia all’altezza del mondo di oggi e di domani».

Tra le proposte già abbozzate ieri dall’ex numero uno della Bce: la necessità di far progredire un’unione dei mercati dei capitali così da canalizzare i risparmi privati verso la crescita e una piattaforma europea per facilitare l’approvvigionamento comune di minerali critici, un maggiore coordinamento nei campi delle infrastrutture energetiche e di quelle informatiche. Solo così la «competitività» finisce di essere «aria fritta» in bocca a «Personaggi Tanto Tanto Importanti», per citare Ernesto Rossi, e può diventare fertile terreno di proposte per un europeismo dalla parte dell’industria e del lavoro.

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