Le regole da rispettare
I sacrifici di oggi patrimonio per ripartire

Nel suo «Viaggio in Italia» Goethe narra che – nel periodo trascorso a Napoli - si trovò a conversare con Teresa Filangieri, sorella del famoso giurista Gaetano, tra i maggiori protagonisti dell’azione di riforma dell’ordinamento borbonico. La gentildonna, nell’occasione, ebbe candidamente a sostenere: «Vi prego, evitate di fare nuove leggi, siamo già troppo impegnati a trasgredire quelle vigenti». La storica allergia di parte degli italiani al rispetto delle regole sembra aleggiare sul decreto per contrastare il dilagare dell’epidemia da coronavirus.

Anzi, a dir meglio, si potrebbe affermare che la scelta di prendere il drastico provvedimento sia derivata - anche, se non principalmente - dalla presa d’atto della disinvoltura di comportamento di una fetta non trascurabile dei cittadini (in larga parte giovani) ai quali sembra sfuggire l’elementare esigenza di seguire coscienziosamente le raccomandazioni che vengono ripetute su tutti i media e rilanciate individualmente da moltissime persone sui social: la salute di tutti dipende dai comportamenti di ognuno.

Eppure la gravità del problema e l’inderogabile necessità che ciascuno faccia la sua parte, con adeguato senso di responsabilità, dovrebbero essere note a tutti. Nel suo pacato, ma fermo, messaggio il presidente Mattarella ha ripetutamente sottolineato che soltanto lo sforzo comune dell’intera collettività potrà scongiurare il rischio di conseguenze disastrose per l’intero Paese. Anche il solo fatto che il Capo dello Stato abbia deciso di intervenire, con la sua autorità morale di garante dell’unità nazionale, per dispensare alcuni consigli ai suoi concittadini testimonia il livello della crisi.

Le successive parole del presidente del Consiglio sull’ora «più buia» che il Paese deve affrontare ne sono state l’ineccepibile controcanto. Ognuno dovrebbe, di conseguenza, farsi carico del proprio «spezzone» di responsabilità. Come accade spesso di osservare, l’Italia sembra divisa in due, non tanto geograficamente quanto dal punto di vista dell’etica civile. Su un versante le cronache riportano i casi di abnegazione del personale sanitario, delle forze di polizia, degli addetti alla protezione civile, dei volontari. Persone che sopportano turni di lavoro massacranti, che arrivano ad accasciarsi stremate sulla tastiera del computer, come è accaduto all’infermiera di Cremona. E, cosa non meno encomiabile, di quei cittadini che, nelle «zone rosse», sono stati chiamati ad accettare disagi e restrizioni notevoli. Di fronte a tali esempi, il comportamento superficiale di altri cittadini appare segno non soltanto di scarsa responsabilità, ma ancor più di debole sentimento civico. Eppure, le prescrizioni contenute nel provvedimento governativo, non impongono sacrifici insopportabili. Sono, al contrario, l’invito e il monito a cambiare stile di vita. Almeno per il tempo necessario a sconfiggere un’epidemia che, altrimenti, metterà a repentaglio la salute di tutti, non soltanto delle persone anziane o debilitate.

E, dunque, appare innegabile che solamente l’impegno di ognuno di noi a rispettare le regole potrà contribuire a garantire in tempi non troppo lunghi il ritorno ad una normalità che non potrà essere unicamente sanitaria, ma che permetterà il ritorno al lavoro, la riapertura delle scuole e delle università, la fruibilità dei luoghi e delle occasioni di convivialità che hanno arricchito e potranno nuovamente arricchire la vita quotidiana di ognuno. I sacrifici chiesti oggi, piccoli o grandi, che siano, sono l’indispensabile patrimonio dal quale ripartire. Più saremo ligi nell’osservare le regole imposte nell’emergenza attuale, più rapidamente si potrà uscirne. Per dare un segnale di cultura civile e non soltanto – come direbbe ancora oggi Gaber - per «far finta di essere sani».

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