Legislatura in partenza, emergenze e rivalità

Il commento. Se non fosse stata abusata fino a renderla insignificante, la qualifica di «storica» sì potrebbe applicare alla legislatura che si apre quest’oggi. Storica per molti motivi. Innanzitutto, perché è la prima legislatura dal 1948 che ha ridotto i parlamentari di ben 1/3: 400 alla Camera e 200 al Senato. L’intervento non ha apportato solo una diminuzione dei seggi. Ha inciso anche sul rapporto eletti/elettori, alterando la rappresentanza territoriale. Premia fuori misura alcuni territori e ne penalizza altri fino al punto di negargli anche un solo eletto.

Tale distorsione rilancia con forza la necessità di intervenire sulla legge elettorale e forse anche sull’impianto costituzionale laddove si parla dell’ordinamento istituzionale. Non è usuale poi che una nuova compagine politica sia chiamata a operare in una contingenza tanto ostile. L’Italia non è nuova a emergenze drammatiche. Ricorrenti sono stati in passato i momenti in cui il nostro Paese ha dovuto affrontare situazioni da brivido. Parliamo del terrorismo degli anni Settanta, di Tangentopoli degli anni Novanta, della grande crisi finanziaria del 2008. Mai però la politica italiana è stata chiamata ad affrontare un tale sovraccarico di emergenze come al presente: una crisi economica, cui si sommano una pesante situazione finanziaria, un’inflazione che viaggia verso le due cifre, una crisi energetica dalle conseguenze imprevedibili e, da ultimo, il deflagrare di una guerra nel cuore del nostro continente che fa balenare il rischio di un ricorso all’arma nucleare e sta mettendo a dura prova la tenuta della comunità europea.

La legislatura che si apre presenta la novità del predominio di una forza politica considerata per cinquant’anni illegittima e che per questo motivo è stata esclusa dal gioco democratico

A connotare come straordinaria l’odierna legislatura c’è poi un passaggio di grande rilievo nella vita politica interna, ossia la fine di due fasi storiche che a loro modo avevano garantito una stabilità del sistema: nel primo cinquantennio il predominio incontrastato di un partito (la Democrazia cristiana), nell’ultimo trentennio la regola dell’alternanza tra schieramenti finalmente legittimatisi. La legislatura che si apre presenta invece la novità del predominio di una forza politica considerata per cinquant’anni illegittima e che per questo motivo è stata esclusa dal gioco democratico. Una condizione di marginalità che essa non è riuscita a superare nemmeno in quest’ultimo trentennio, in cui pure ha fatto parte a pieno titolo dello schieramento di centrodestra.

Se riuscisse a consolidare questo occasionale, insperato successo elettorale con la formazione di un partito conservatore di stampo liberale, avremmo una ragione in più per considerare questa legislatura un evento storico

Oggi invece - altro aspetto che segna una grande novità della presente legislatura - questa destra si è conquistata una netta supremazia all’interno dello schieramento moderato; il che le consente di poter approfittare di un’opportunità unica: dar vita a un partito conservatore di massa che mai nella storia unitaria d’Italia ha visto la luce e che nessuno ha mai nemmeno tentato di costruire . Per la solidità organizzativa e il radicamento territoriale di FdI, per le ambizioni nemmeno troppo velate che l’anima, il progetto è alla sua portata. Un «vaste programme», insomma, che la Meloni è, però, chiamata ad attuare in condizioni non certo ideali, della cui difficoltà di attuazione - gli va riconosciuto - mostra se non altro di avere consapevolezza. Ha lasciato perdere certe intemerate sovraniste per allinearsi ai partner europei su atlantismo, lealtà all’Ue, politica di bilancio. Se riuscisse a consolidare questo occasionale, insperato successo elettorale con la formazione di un partito conservatore di stampo liberale, avremmo una ragione in più per considerare questa legislatura un evento storico.

Le difficoltà, a onore del vero, sembrano venirle più dagli amici interni che dall’opposizione. Si deve appoggiare a una maggioranza scossa da rivalità, divisa su diversi temi cruciali come la politica estera, l’Europa, la politica di bilancio. Senza dimenticare che questi sono tempi caratterizzati da un’inedita fluidità dell’elettorato, pronto a premiare il volto nuovo di turno, ma anche a compiere, come ci insegna la storia recente, un repentino voltafaccia alla primo cambio di vento.

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