L’equivoco europeo
Prova per Draghi

La parola Europa detta da Mario Draghi ha un significato diverso se pronunciata da Angela Merkel. Guardiamo a Nord Stream 2 nel mar Baltico. Per la Germania è un gasdotto strategico, garantisce due linee sottomarine di fornitura energetica dalla Russia a prezzi competitivi. A Mosca conoscono i vantaggi geopolitici: si isola l’Ucraina e si rende l’Europa dipendente dal gas russo. Tutto questo ha un prezzo e l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder lo esplicita. A proposito del dissidente russo Alexej Navalny avvelenato, salvato in una clinica di Berlino, ritornato in patria ed ora di nuovo in galera dice: «Ciò che viene deciso in Russia ricade nella responsabilità della Russia». Merkel fa capire che la strategia americana del «decoupling» ovvero staccarsi da Russia e Cina non è una buona idea in un’epoca digitale. Una ritrosia che ha un nome: modello Germania.

Un’economia votata all’esportazione dipende dai suoi mercati. Se questi mercati si chiamano Arabia con il petrolio, Russia con il gas, Cina con una platea di miliardi di potenziali clienti, Brasile con il legno delle foreste amazzoniche, puntare sul rispetto dei diritti civili e ambientali diventa autolesionista.

L’America di Biden parla di violazione della libertà di stampa, di corruzione economica, di manipolazione della proprietà intellettuale, per esempio lo spionaggio industriale, esorta l’Occidente e quindi anche l’Europa a fare muro all’autoritarismo con un’alleanza comune. Nel discorso del presidente Draghi al Senato sono i principi e i valori europeisti e atlantisti che definiscono la collocazione internazionale dell’Italia. Il riferimento alla violazione dei diritti civili e politici determina un punto di svolta: anche se gli interessi divergono, la comunanza dei valori deve rimanere. L’Italia ha quest’anno la presidenza del G20 e il discorso del nuovo capo del governo italiano ha valicato le frontiere nazionali. Agli americani è diventato chiaro che se i modelli autoritari non vengono messi in discussione c’è il rischio che la democrazia venga erosa al suo interno. L’assalto a Capitol Hill, sede del Parlamento americano, dimostra quanto il pericolo sia vicino. Per l’Europa è il sovranismo la sirena e non già quello statale e nazionale che mostra in questa pandemia tutti i suoi limiti. È il sovranismo europeo, quell’idea che si possa far da soli perché lo chiede l’interesse economico. Mentre il volume di affari tra America e Cina nel 2020 è di circa 560 miliardi di dollari quello tra Cina e Europa è a quota 668 miliardi e quindi di 100 miliardi di dollari in più. L’Europa è il partner economico più importante per la Cina ed è il motivo per il quale recentemente l’Unione europea su pressione di Berlino ha sottoscritto il patto di collaborazione economica con la Cina. La cosa è stata accettata passivamente dai partner, l’Italia in quella circostanza era impegnata, come spesso le accade, nelle sue beghe interne, dove la litigiosità fa premio su tutto.

Il peso del nostro Paese c’è tutto, ma poi bisogna esercitarlo. Le prime parole della presidenza portoghese, seguita al semestre tedesco, sono state di compensazione, adesso daremo priorità all’India che notoriamente è l’avversario antagonista in Asia. Ma poi la pandemia ha messo in ginocchio il Portogallo. Berlino ha subito capito e ha inviato medici e aerei della Bundeswehr per dare una mano. Risultato, anche a Lisbona è tornato il silenzio. La Volkswagen ha il 41% dei suoi affari in Cina, se Pechino si ritira, a Wolfsburg fanno le valigie. L’interesse nazionale tedesco è chiaro ma confonderlo con quello europeo è il grande equivoco nel quale siamo caduti e che il governo di Mario Draghi è chiamato a smascherare.

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