L’impennata del metano in questa fase preoccupa

ECONOMIA. Venerdì 21 ottobre il prezzo del metano ad Amsterdam è salito a 52,6 al kilowattora. Rispetto all’altro ieri un aumento di 2,6 euro. Una notizia che non rassicura. Da tempo ormai le preoccupazioni degli italiani sono concentrate sul caro bollette.

All’inizio della stagione invernale un’impennata di questa portata non è un buon viatico anche perché si sperava di essere usciti dal tunnel della dipendenza dal gas russo. La verità è che non vi è più regola nella determinazione dei prezzi e le leggi dell’economia sono sopraffatte dalle circostanze geopolitiche. In Germania registrano per il mese di settembre una diminuzione dei costi alla produzione del 14,7% rispetto allo scorso anno e la notizia è stata salutata con soddisfazione. La lotta all’inflazione segna le prime vittorie che però le notizie di ieri fanno temere essere di Pirro ovvero transitorie, cui possono seguire sconfitte. Quello del mese scorso è il calo più rilevante dalla fondazione della Repubblica Federale di Germania nel 1949.

Solo due anni fa vi era stato un aumento del prezzo dell’energia del 45,8% secondo l’Ufficio Federale di Statistica . Poi vi era stata una flessione del 35,2% che ha portato ad un abbassamento dei costi di produzione. Si era messo in conto in Germania di dare una spallata all’inflazione anche in ragione della decrescita dei consumi. La sfavorevole congiuntura induce le famiglie alla prudenza e quindi una scarsa propensione alla spesa. Tutti fattori determinanti per la riduzione del peso inflattivo. L’opinione diffusa è che se occorre tirare la cinghia tanto vale farlo adesso. Fare rinunce paga se il risultato è l’abbattimento degli aumenti del costo della vita e una ragionevole accessibilità ai prezzi al supermercato . Un’opinione condivisa anche da chi intenderebbe investire. Da 1,4 il Centro per l’economia europea (ZEW) di Mannheim che misura le aspettative degli investitori in Germania alza l’asticella a 1,1. Un quadro sempre negativo ma in via di miglioramento. Auspici che tutti sperano si avverino.

E tuttavia è chiaro a tutti che il destino non è più nelle mani dell’Europa. I fatti in Medio Oriente confermano quanto è successo in Ucraina. L’ Europa è dipendente per il suo fabbisogno energetico da altri. È sovrana in casa propria ma non dispone dell’indipendenza energetica. I suoi competitor commerciali dispongono delle risorse per far funzionare le loro industrie e la loro economia. Vale per gli Stati Uniti così come per la Cina ma anche per staterelli dei quali sì e no si ha nozione della loro esistenza. Chi avrebbe mai detto che il secondo fornitore in Germania di Lng ossia di gas naturale liquefatto dopo gli Stati Uniti fosse Trinidad Tobago. E le isole delle Antille sono quelle più affidabili visto che nella lista vi sono anche gli Emirati Arabi Riuniti. Partner sul quale si può contare ma che ha il problema di essere nel Golfo Persico e di avere come dirimpettaio l’Iran degli ayatollah. Lo stretto di Hormuz lo si attraversa se Teheran è d’accordo. In caso di tensioni internazionali il regime iraniano non si farebbe scrupoli a bloccare le navi in transito. È già successo in passato e recentemente vi sono state scaramucce con una nave britannica.

Questo spiega l’attivismo del cancelliere tedesco che in occasione dell’attacco terroristico in Israele si è subito recato a Tel Aviv per poi passare al Cairo e omaggiare l’autocrate Al Sisi. L’estensione del conflitto medio orientale porterebbe ad un aumento del prezzo del gas. Una condizione insostenibile per la competitività dell’economia tedesca. Dalla dipendenza dal gas russo i tedeschi sono passati agli americani e agli arabi. Alleati i primi, amici forse i secondi. Da soli non gliela fanno. Ai tedeschi e con loro tutti gli europei è rimasta ormai solo l’Europa.

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