Lo sciopero generale
Motivazioni difficili

L’ultimo sciopero generale, prima di quello ora annunciato, si è tenuto ben otto anni fa, nel 2014. Anche allora, l’iniziativa fu di Cgil e Uil, anche allora la Cisl si smarcò. Tutti gli scioperi generali hanno un fondo politico, ma il motivo di allora fu almeno in apparenza più sindacale, perché esprimeva il dissenso sul jobs act, che introduceva il contratto a tutela crescente. In realtà, dentro l’operazione, c’era la cancellazione di un feticcio, l’articolo 18, che risaliva addirittura al 1970, e che mai nessuno, prima del governo Renzi, aveva saputo intaccare. Anche lì, dunque, politica pura, con accompagnamento di lugubri previsioni di licenziamenti di massa. Così non è poi avvenuto, anzi nei primi anni di attuazione gli occupati sono cresciuti, anche a tempo indeterminato.

In questo tardo 2021, in cui 30 miliardi di legge di Bilancio si muovono in parallelo con i 220 del Pnrr, e in cui le cattivissime agenzie di rating promuovono il futuro italiano, le motivazioni non sembrano altrettanto nitide. Si parla genericamente di un’insufficiente capacità di redistribuzione delle risorse messe a disposizione dalla ripresa economica, che peraltro solo a metà 2022 raggiungerà i livelli 2019, dovrà fare i conti con un’inflazione crescente, e potrebbe non gradire conflitti, tant’è che qualche punto di spread in più è già emerso. Landini, trascinandosi dietro Bombardieri, vuol fare ugualmente la sua scommessa, e naturalmente ne ha piena legittimità, ma qualcosa rischia (a cominciare da grandi adesioni in piazza e scarse in fabbrica) e tutto sommato già qualche effetto negativo lo deve registrare. Non solo per la plateale rottura dell’unità, ma forse per qualche incomprensione nei livelli decentrati, che vivono più di concrete relazioni aziendali che di ansia di prestazione sulla scena nazionale.

Intanto, Sbarra, della Cisl, mina alla base la critica Cgil, e rivendica i risultati delle lunghe ore trascorse a Palazzo Chigi: 2,5 miliardi in più sugli ammortizzatori sociali (totale 5,5), 8 sulla sanità, taglio Irpef di 7 miliardi destinato a lavoratori e pensionati sotto i 50 mila di reddito. E ancora: soldi sui contratti pubblici, 850 milioni a sostegno dell’autosufficienza, piena rivalutazione delle pensioni e innalzamento della no tax area a 8.500 euro. Due letture, insomma, fatalmente opposte, che producono l’effetto di una doppia esagerazione: tutto va male da un lato, tutto va bene dall’altro. Non è vera né l’una né l’altra cosa, naturalmente, ma è oggettivo dire che si poteva far di più sull’Irap e che questa Manovra non è travolgente. Manca il colpo d’ala, e il rinvio di decisioni severe su quota 100 e sul reddito di cittadinanza è criticabile, ma non è contro le richieste sindacali, visto che a suo tempo nessuno fece scioperi generali contro provvedimenti che hanno sottratto risorse finanziare da redistribuire, e addirittura facilitato per imperizia la chiusura di rapporti di lavoro a termine con il cosiddetto decreto dignità.

Certo sarebbe stato più facile scioperare contro i licenziamenti che erano stati previsti da Landini al momento dello sblocco, ma non ci sono stati, anzi l’occupazione è aumentata, e allora è oggi altra cosa motivare questo sciopero di Natale. Intervistato dal «Corriere della sera», un operaio di Pomigliano ha fatto due conti e, con uno stipendio di 20 mila euro, guadagnerà 700 euro in più e si è chiesto a quale vantaggio potrebbe portare uno sciopero: 100 euro in più? Ebbene, un giorno di astensione a lui costa 88 euro…

Forse, Landini e Bombardieri hanno sottovaluto i cambiamenti in atto: non tutto è politica. Un tempo, alla sola proclamazione di sciopero generale, cadevano i Governi. Oggi al massimo a far la parte del vaso di coccio tra due protagonismi (Draghi e Landini) è il ministro del Lavoro Orlando. Se Palazzo Chigi si «stupisce» dello sciopero, vuol dire che il mediatore non è stato all’altezza. A meno che anche questa sia una scelta politica per spostare a sinistra l’asse di governo, ma sarebbe un azzardo ancor più difficile da capire. Draghi andrà avanti comunque.

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