Paese dei ritardi
Serve una scossa

Quando lo scorso luglio il Consiglio europeo ha approvato il Next Generation Ue, è parso subito chiaro cosa ci sarebbe stato da fare per utilizzare al meglio l’erogazione dei 209 miliardi. C’era anzitutto da elaborare un piano nazionale di ripresa e resilienza da portare in Parlamento per favorirne un’ampia discussione, visto che la sua attuazione impegnerà i bilanci dei prossimi anni ben oltre il termine dell’attuale legislatura. Nel contempo, urgeva predisporre le misure organizzative, le procedure e i controlli necessari ad assicurarne una sua coordinata e il più possibile condivisa attuazione. Si è dovuto attendere sino a inizio dicembre perché Palazzo Chigi rendesse nota una bozza di «Piano nazionale di ripresa e resilienza» composta da sole 13 pagine, che conteneva solo uno scarno elenco degli investimenti da effettuare.

Tale sciatteria istituzionale non poteva che aizzare aspre critiche, una volta tanto non pretestuose, da parte delle opposizioni e all’interno del governo da parte della componente di Italia Viva. Tutto ciò ha portato all’elaborazione di un nuovo Piano, certamente più organico e articolato di circa 130 pagine, ma che necessita di ulteriori miglioramenti perché manca di una «visione» di lungo periodo e di un «maggiore equilibrio tra investimenti e riforme», come richiesto dall’Europa. Fino ad oggi, peraltro, nessun coinvolgimento sulla definizione del Piano ha riguardato il Parlamento, che è stato chiamato ad approvare scostamenti di bilancio per circa 165 miliardi, con il consenso di tutte le forze politiche al fine di dare in qualche misura «ristori» alle varie attività colpite dalla pandemia. Riguardo alle procedure organizzative per la realizzazione del Piano, un mese fa Palazzo Chigi ha presentato una proposta di Task-force composta da circa 300 tecnici, coordinati da sei supervisori, che risultava completamente staccata dall’apparato amministrativo statale e non prevedeva il coinvolgimento del Consiglio dei ministri, né riscontri periodici da parte del Parlamento.

Anche in questo caso, le pesanti critiche intervenute hanno fatto sì che la proposta fosse accantonata. Il premier Conte ha più volte ricordato che molti dei ritardi o delle inadempienze che si sono verificati trovano giustificazione nell’intenso impegno che il governo ha dovuto dedicare alla gestione della pandemia. In tal senso, un onesto confronto con la Francia - dove i disastri causati della pandemia, soprattutto in termini di contagi, non sono stati di minore entità - risulta abbastanza impietoso nei nostri confronti. Già il 3 settembre scorso, infatti, è stato presentato al Parlamento il «Piano France Relance» che rispondeva esattamente agli indirizzi contenuti nel «New Generation Ue» e univa le risorse finanziarie nazionali a quelle messe a disposizione dall’Ue. Il 16 novembre è stato pubblicato un «tableau de bord», un pannello di controllo che permette di monitorare la realizzazione del piano per tutti gli interventi da effettuare nei vari campi, con le relative somme stanziate. Non a caso, sia il presidente Macron, sia il primo ministro Castex sono stati allievi dell’Ena, la prestigiosa scuola di formazione della dirigenza pubblica.

Tutte queste circostanze, per tornare mestamente alle vicende di casa nostra, sono state alla base della controversa decisione di Renzi di ritirare i propri ministri dal governo, provocandone la crisi. È evidente che il Capo dello Stato, qualunque sarà la sua decisione sul prosieguo o meno della legislatura, non potrà non tener conto che vi dovrà essere un governo in grado di consentire al Parlamento di effettuare un approfondito esame del Piano entro i prossimi due mesi perché possa essere inviato per tempo in Europa. Il Parlamento dovrà anche essere chiamato a decidere quale dovrà essere la «governance» del Piano che, seguendo le indicazioni europee, c’è da augurarsi possa essere affidata ad un’apposita «Struttura operativa» composta da manager e tecnici di altissimo profilo, chiamati a dialogare alla pari con i vari ministeri e a un periodico confronto con il Consiglio dei ministri e il Parlamento. Personalità indipendenti, capaci di fare, di coordinare e di decidere; gli unici rappresentanti «responsabili» e «costruttori» di cui ha oggi bisogno il nostro Paese.

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