Pagamenti, l’Italia tra vantaggi e pregiudizi

ITALIA. Gli italiani, negli scorsi mesi, hanno fronteggiato una crescita dei prezzi al consumo che non si registrava con simile intensità da quarant’anni. A settembre, fortunatamente, l’inflazione ha rallentato ancora un po’, siamo a +5,3% da un anno fa e dunque distanti dagli aumenti a doppia cifra dello scorso inverno, eppure è indubbio che tanti concittadini - volenti o nolenti - abbiano dovuto riconsiderare molte delle proprie spese di ogni giorno.

Se da una parte il contesto inflattivo ci porta indietro nel tempo, dall’altra la gestione quotidiana di soldi e pagamenti è mutata radicalmente negli ultimi anni, proiettandoci in un ecosistema «futuristico». Gli italiani, per esempio, si allontanano progressivamente dal denaro contante a favore delle carte di pagamento. In questo processo non saremo forse i più spediti in Europa, tuttavia nella narrazione pubblica prevalente si tendono a sottostimare i grandi mutamenti in atto.

Un recente studio elaborato da Nomisma, in collaborazione con Assofin e Ipsos, calcola per esempio il rapporto tra i prelievi di denaro da Atm (o sportello automatico) e il totale delle operazioni via Atm e via Pos tramite carte di debito: ne emerge che l’incidenza delle operazioni via Atm sul totale delle operazioni si è ridotto drasticamente, passando dal 24,5% nel 2020 al 15,4% nel 2022. Cresce infatti il numero di pagamenti al dettaglio effettuati con strumenti diversi dal contante, più 16% dal 2021, e cresce anche il valore delle transazioni di questo genere, in media del 21%, con picchi del +25,1% per le carte di debito su Pos, seguiti dal +18,7% per le carte prepagate e dal +12,7% per le carte di credito. Le operazioni di pagamento tramite Pos si sono così avvicinate ai 225 miliardi di euro di valore lo scorso anno, e con ogni carta di debito si effettuano in media 76 operazioni all’anno. Si rivoluzionano dunque tantissimi gesti che abbiamo compiuto con naturalezza per decenni: dal pagamento sempre più frequente con carta «contactless», magari attraverso orologi o altri dispositivi indossabili, allo smartphone che si può trasformare nel Pos di un’attività commerciale semplicemente scaricando una app della propria banca.

Per non dire dell’home banking, cioè la possibilità per i clienti di un istituto di condurre tutta una serie di operazioni - pagamenti inclusi - da casa o comunque da remoto via computer e smartphone: le utenze di home banking e corporate banking sono aumentate di oltre due milioni di unità lo scorso anno, toccando quota 63,7 milioni, oltre il 90% sono intestate a privati cittadini e il resto alle imprese.

In che modo un ritmo così vigoroso di innovazione tecnologica interagisce con un’impennata dei prezzi altrettanto rapida? Soltanto i dati a consuntivo dei prossimi mesi potranno darci una risposta precisa, ma è indubbio che il cambiamento in corso sui metodi di pagamento sia «strutturale». D’altronde sei italiani su dieci, secondo Ipsos, si dichiarano «molto aperti verso le novità e le innovazioni tecnologiche» perché «semplificano la vita».

Allo stesso tempo, però, è dimostrato per esempio che quando si effettuano pagamenti con carte di credito o simili si tende a spendere di più rispetto a quando si paga in contanti, e questa non è esattamente una ricetta anti-inflazione. Dipende dalla cosiddetta «contabilità mentale», cioè dal modo più o meno preciso in cui organizziamo e raggruppiamo le nostre risorse finanziarie; di conseguenza solo una maggiore diffusione dell’alfabetizzazione finanziaria e tecnologica, con il necessario ruolo proattivo dell’industria finanziaria, potrà rendere l’innovazione una nostra sicura alleata contro l’inflazione.

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