Parla Lagarde
Effetti nefasti

Quella di Christine Lagarde non è stata una gaffe, come hanno scritto commentatori benevoli, ma un errore gravissimo. E gli errori di chi sta molto in alto non sono accettabili, perché le conseguenze sono proporzionali all’importanza del ruolo: il più elevato, in campo monetario, nel più grande mercato del mondo. Al tempo stesso è stato più che giustificato e tempestivo il gesto di Mattarella, con una dichiarazione che non esitiamo a considerare la più importante in assoluto da quando è al Quirinale. Osservando che certe «mosse» ostacolano la difesa di un Paese già in grande difficoltà ha davvero impersonato l’unità nazionale di cui è garante.

Uno di quei casi, insomma, in cui il ruolo «politico» del Capo dello Stato non solo non esce dai limiti della Costituzione, ma la interpreta nel suo valore più profondo.

Non ci si faccia ingannare dal fatto che sia Lagarde che Mattarella hanno agito attraverso semplici parole, e che anzi in chiave tecnica la responsabile della Bce abbia fatto cose concrete, magari inadeguate ma non astrattamente censurabili. Certo, non hanno dato il senso della gravità del momento, limitandosi ad un moderato incremento delle quantità di liquidità immessa. Non cioè quello che i mercati si attendevano, tradendo la loro disponibilità a recuperare spazi creati dalla paura delle conseguenze economiche del virus pandemico. Ma ad infliggere alla Borsa italiana la più grande e repentina caduta della sua storia, e umiliare al tempo stesso gli andamenti di mezzo mondo, ha contribuito la superficialità di un riferimento agli spread forse comprensibile se decretato da un robot che vive di algoritmi, ma irresponsabile se detto da uno dei pulpiti politici più visibili del mondo intero. Ma proprio qui sta il punto, e cioè che la comunicazione è parte essenziale delle politiche monetarie e della finanza. Anche Draghi aveva solo parlato, quando aveva detto quel celebre «costi quel che costi» a difesa dell’euro, che aveva lanciato un segnale fortissimo alla speculazione: guardate, aveva fatto capire, che la Bce non si batte con i giochi al rialzo o al ribasso. La Bce è più forte di qualunque tentativo di condizionare i mercati.

Una lezione ai soloni che parlano a sproposito di ordoliberismo, non considerando che il cosiddetto liberismo è in realtà un complesso di regole, che prevedono interventi anche giganteschi della mano pubblica, quando è necessario. Il «lasciar fare» è un capitolo lontano della storia dell’economia. Utili le intuizioni dei fisiocratici che leggiamo sui manuali, ma utili a costruire nel tempo una dottrina in continua evoluzione, adattabile. È da almeno 20 anni che la politica monetaria è caratterizzata e guidata dalla comunicazione, anzi dall’informazione data in modo equo ai mercati. Un tempo non era così. Il banchiere agiva nel silenzio e nella riservatezza, e le sue decisioni erano in qualche modo imprevedibili.

La svolta risale a Henry Paulson, segretario al Tesoro di George W. Bush, che veniva da Goldman Sachs. Da allora è il mercato che, ben informato, anticipa e accompagna le mosse e dà efficacia alle decisioni di politica monetaria, ribellandosi se questo non avviene. Per questo, osserva Giuseppe Russo del «Centro Einaudi», la comunicazione è parte, non accessorio, della politica monetaria. Piaccia o non piaccia. E infatti se comunichi bene (Draghi) gli effetti sono positivi anche di fronte alla peggiore crisi. Se comunichi male (Lagarde) gli effetti sono nefasti e molto concreti. A tutti i risparmiatori italiani è come se giovedì fosse stata imposta una gigantesca patrimoniale del 17%, anzi del 40%, visto l’andamento precedente della Borsa.

Se una patrimoniale deve esserci, lo decide la democrazia parlamentare, non la sventatezza – altro che gaffe – di una signora disinvolta in conferenza stampa. Non aveva fatto molta fatica, caso raro, ad ottenere la fiducia dei grandi d’Europa al momento della sua nomina. Se i tempi non fossero così perigliosi, forse gliela avrebbero già tolta. Ma sarà comunque difficile recuperare credibilità dopo questo scivolone. Ci mancava solo una Bce in debito di autorevolezza.

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