Pericolo negazionisti
Un «morbo» politico
Il senso civico del monito del presidente della Repubblica sta nella riaffermazione della libertà positiva, che appartiene al miglior pensiero comunitario: libertà che non può spingersi fino a tramutarsi in diritto di far ammalare il prossimo. Da fattore liberale diventerebbe strumento di arbitrio illiberale. La libertà dei diritti ma anche dei doveri, il segno di un impegno condiviso: un modo civile per rispettare i morti, un atto di fiducia verso un sistema sanitario che ha permesso il ripristino di una quasi normalità. Ma che potrà essere normalità piena soltanto quando ciascuno farà la propria parte sino in fondo. In azione non c’è solo quel senso liberatorio da scampato pericolo che porterebbe il «liberi tutti» da movida, ma la predicazione di qualche cattivo maestro: liberi pensatori sgarbati e filosofi del nulla, raggruppabili nel Collettivo dei Narcisi da talk show.
Dietro la pretesa dell’estetica virile c’è una manipolazione politica: non fidatevi di questi politici che si affidano agli scienziati, contate solo su voi stessi, fate vedere chi siete. Insomma: non la libertà di difenderci dal male, ma la libertà di sottrarsi alle misure anti virus. In sostanza, chi fin qui ha cavalcato ogni genere di paura, ne trasferisce l’origine su chi deve tutelare la salute pubblica facendoli passare per seminatori di terrore. Rivolgersi per competenza a chi, costretto a mettersi la mascherina dopo i disastri combinati, ha gettato la maschera per riconciliarsi con la realtà: i negazionisti da business class alla Trump (leggetevi lo schianto dell’economia americana), Johnson e Bolsonaro. Dovrebbe essere chiaro, come ha detto Mattarella nella seconda parte del suo discorso, che «nessuno avrebbe potuto affrontare e vincere da solo questa sfida» e che «uniti si è più forti».
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