Prefetti, nuova
giravolta della Lega

Lo ammettiamo, ci siamo distratti. E tanto. Vero che normalmente solo i paracarri non cambiano idea, ma eravamo colpevolmente fermi all’idea della Lega contro i prefetti: emanazione statale considerata alla stregua di un retaggio borbonico, la longa manus del potere centrale di Roma ladrona sui territori da liberare dal giogo sovrano in nome della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli. E altre amenità in serie, condite da manifestazioni, promesse di spoliazione e altro.

E invece no. Contrordine padani, evviva i prefetti, ai quali il Viminale, guidato da Matteo Salvini, affida la possibilità di emanare delle ordinanze per proteggere le zone rosse delle città da «persone dedite ad attività illegali», attraverso strumenti «di natura straordinaria, di necessità e urgenza», considerati «un prezioso ausilio alle politiche locali in atto». Premessa, che sono le zone rosse? Le aree con una elevata densità abitativa con flussi turistici, o caratterizzate da una presenza forte di scuole, università, monumenti, parchi, esercizi ricettivi e commerciali. In queste aree, per ovviare a quella che il ministro dell’Interno considera evidentemente una certa qual inerzia da parte di qualche sindaco, i prefetti potranno agire motu proprio. Salvini ne è convinto, e ha definito il provvedimento «un aiuto a quei sindaci distratti». Che, dal suo punto di vista, giureremmo essere di centrosinistra. O più semplicemente di sinistra, che fa più tranchant. E piace tanto a quell’elettorato un po’ con la bava alla bocca, del tipo giustizialista a corrente alternata: feroce con gli errori altrui, indulgente per i peccatucci propri.

Ma tant’è. La cosa davvero curiosa di questa vicenda è la mutazione tra l’antropologico e il camaleontico della Lega, passata dall’attacco frontale alla figura dei prefetti (che a Bergamo hanno sempre fatto benissimo) al conferimento tout court di poteri quasi straordinari in materia di ordine pubblico nelle città. Che si assommano a quelli già propri (e che potrebbero bastare, a meno di non voler cercare il coup de théâtre a tutti i costi) e al ruolo dei sindaci che, in materia di sicurezza, qualcosa da dire ce l’avrebbero anche. A cominciare dal capitolo risorse.

Insomma, nel passaggio da partito secessionista e federalista a nazionalista e sovranista, il Carroccio (ammesso che Alberto da Giussano vada ancora di moda, perché di questo passo...) non solo pare avere perso il Nord, ma pure un pochino la bussola. Sorvoliamo sul nuovo fronte di scontro interno alla coalizione gialloverde, sempre più simile ad un cremino sotto il sole, e sui pentastellati che giudicano l’ultima trovata salviniana un provvedimento da podestà fascisti (il problema è che a parte dell’elettorato questo paragone piace tanto) e soffermiamoci sull’ennesima evoluzione leghista. La scorsa settimana l’acrobatico provvedimento sui conti di Roma che, nonostante rassicurazioni in serie e stridore di unghie sugli specchi, non ha convinto più o meno nessuno, questa volta le Prefetture.

Per carità, come da esordio, ci saremo distratti o più probabilmente non avremo capito. Del resto sparare sulla nostra categoria sta diventando oggettivamente uno sport nazionale, e a volte (non lo neghiamo) ci mettiamo del nostro. Ma eravamo fermi alle manifestazioni anti prefetti o a scritti del genere: «In un processo di riforma del Paese in un’ottica federalista, le competenze delle prefetture devono essere trasferite alle Regioni, agli enti locali o ad altri organismi o istituzioni». Lo si leggeva nella home page del sito della Lega, non in un documento del secolo scorso. Ma probabilmente Salvini ha scelto il giro largo e, nell’attesa di togliere, ha deciso di aggiungere. Ma sicuramente ci saremo distratti. Sì, deve essere andata così.

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